A pochi giorni dalla canonizzazione un giudice del Salvador ha emesso un ordine di cattura diramato anche all’Interpol per l’ex capitano dell’esercito Álvaro Rafael Saravia Merino. Finora è l’unico accusato per l’assassinio dell’arcivescovo Óscar Arnulfo Romero, avvenuto il 24 marzo 1980
A trentotto anni dalla sua morte – e pochi giorni dopo la canonizzazione – arriva anche l’ora degli atti giudiziari per l’assassinio dell’arcivescovo Oscar Arnulfo Romero. Il giudice Rigoberto Chicas – il magistrato che ha messo sotto inchiesta lo stesso ex presidente della Repubblica Antonio Saca e che l’anno scorso ha riaperto le indagini sull’mocidio di Romero – ha emesso ieri un ordine di arresto per Álvaro Rafael Saravia Merino, l’ex capitano dell’esercito salvadorgeno considerato il braccio destro del maggiore Roberto d’Aubisson, ritenuto il mandante politico e scomparso nel 1992.
Il coinvolgimento dell’ex capitano Álvaro Saravia non è certo una novità: il suo nome è fin dai primi anni dopo l’omicidio indicato come quello dell’organizzatore del commando che avrebbe fatto fuoco contro Oscar Romero mentre celebrava la Messa quella mattina del 24 marzo 1980. Ma anche il capitano Saravia nel 1993 aveva beneficiato dell’amnistia generale che accompagnò la fine della guerra civile in Salvador. A quel tempo, peraltro, aveva già lasciato il Salvador e si era trasferito in California, da dove qualche anno dopo ha fatto comunque perdere le sue tracce. Secondo alcune fonti vivrebbe in Honduras.
Per questo è un dettaglio importante il fatto che l’ordine di arresto sia stato trasmesso all’Interpol. Ma il punto vero è che l’ordine d’arresto Álvaro Saravia potrebbe essere solo il primo passo: come spiegava qualche giorno fa Alvar Metalli su Vatican Insider l’ex militare – oggi settantottenne – ha rilasciato nel 2010 un’intervista alla rivista El Faro in cui raccontava la sua verità sulla morte di Romero. Diceva in sostanza di non aver partecipato alla pianificazione dell’assassinio, di non conoscere il cecchino, ma di averlo visto «entrare nell’auto», di avere la barba e di avergli consegnato «personalmente mille colones che D’Abuisson aveva chiesto in prestito a Eduardo Lemus O´Byrne», un uomo d’affari salvadoregno. Alvar Mettali cita anche un racconto di Gregorio Rosa Chavez, oggi cardinale del Salvador, a cui alcuni anni fa Álvaro Saravia si sarebbe presentato in incognito qualche anno fa dicendo di voler «pulirsi la coscienza». Anche per questo un eventuale arresto di Álvaro Saravia potrebbe diventare davvero il primo passo per arrivare davvero – almeno trentotto anni dopo – alla verità giudiziaria che ancora non c’è su chi fu coinvolto davvero – in Salvador e fuori dal Paese – nellì’assassinio dell’arcivescovo oggi santo.