La testimonianza di Corina Mortola Rodriguez, dal Messico al Sinodo dei giovani. Il racconto di Lucas, dal Brasile: «Sogno una Chiesa dal cuore aperto, che si interessa a tutti»
Dal Messico all’Italia: Corina Mortola Rodriguez questo ottobre ha lasciato Guadalajara, la sua città, ha messo in pausa il lavoro come insegnante di canto e recitazione ed è venuta a Roma. Ad aspettarla l’importante compito di partecipare in qualità di uditore al Sinodo in corso in Vaticano, insieme ad altri trentatré giovani. Chiamati a parlare davanti ai vescovi e al Santo Padre, i ragazzi sono molto attivi anche nelle discussioni dei circoli minori divisi per lingue.
«La Chiesa non è solo fatta dai padri sinodali, la Chiesa siamo noi», ha affermato la giovane messicana durante uno dei briefing per i giornalisti in sala stampa vaticana. La sua testimonianza è quella di una giovane che cerca una Chiesa capace di accogliere tutti: «Vogliamo una Chiesa che non si arrende, che sia testimone di amore anche ai non credenti. Vogliamo che la Chiesa sia un esempio di coerenza e la coerenza deve partire da noi».
La giovane Corina ha l’entusiasmo di chi ha conosciuto la fede per esperienza diretta e ne ricorda anche precisamente il giorno, il momento, il luogo. «Quando avevo diciotto anni, sono andata in missione per fare volontariato, ma la persona che mi ha invitata ad andare lì non mi aveva detto che era organizzato dalla Chiesa Cattolica – racconta -. Io non ero credente, ma ho pensato che comunque cantare poteva essere il mio modo di aiutare quelle persone». A ripensare a quel momento, la commozione le vela gli occhi e rivela: «Durante la domenica della Palme ho cantato un canto davanti a Gesù esposto. In quel momento ho capito che Dio esisteva veramente. Così in una povera comunità alla periferia di Guadalajara ho conosciuto Lui. Ho detto sì a Dio, ma gli ho chiesto anche di non lasciarmi sola, ma di camminare insieme a me».
Dalla sua esperienza di conversione, tante cose sono cambiate e si trova oggi in Vaticano a dare il suo contributo alle assemblee sinodali e alle riunioni dei circoli minori. Corina racconta di aver avuto anche un colloquio con il Papa, durante una pausa dai lavori. Papa Francesco l’ha sentita che parlava di lui con un’altra giovane uditrice e si è proposto per fare una foto con loro. «Voi giovani siete venuti qui per dare una scossone al Sinodo– ha detto il Santo Padre -, parlate di quello che avete vissuto. Se siete sicuri che qualcosa che viene detto può aiutare, fatevi sentire».
Anche Lucas Barboza Galhardo, un altro giovane uditore di ventisei anni, ha avuto degli incontri e dei brevi dialoghi con il Papa che porterà sempre nel cuore. Il giovane brasiliano è originario di Caieiras, parte della regione metropolitana di San Paolo, e studia ingegneria meccanica. In occasione della festa della Madonna dell’Aparecida, che è la patrona del Brasile, insieme al suo vescovo è andato dal Papa per chiedere di mandare un messaggio ai giovani brasiliani. Non era la prima volta che parlava con il Santo Padre: qualche giorno prima, quando mancavano cinque minuti all’inizio dell’assemblea si erano incrociati in un corridoio. «Io indossavo la maglietta della Giornata Mondiale della Gioventù di Rio 2013 e con quella maglietta verde non passavo inosservato – racconta -. Ed è stato in quel momento che gli ho parlato per la prima volta».
La particolare esperienza che porta ai vescovi è frutto anche del confronto con altri giovani brasiliani prima di partire. «Ho contattato personalmente alcuni di loro, ma molto importanti sono stati i risultati dei questionari a cui hanno risposto molti giovani in preparazione del Sinodo – spiega Lucas -. C’è il desiderio di trovare una Chiesa che sia gioiosa, in cui la gente partecipi. In Brasile dobbiamo affrontare diverse difficoltà: la corruzione, il narcotraffico, il difficile accesso all’istruzione per i poveri». Per questo, secondo il giovane, quello dell’accompagnamento è uno dei temi fondamentali. Lucas spera oggi in «una Chiesa dal cuore aperto, che si interessa a tutti, che sia aperta anche a chi ha un’altra religione o a chi non segue gli insegnamenti della religione, perché tutti possano trovare nella Chiesa la figura di una madre e la presenza di Gesù».
Cresciuto in una famiglia cattolica, Lucas ricorda bene le preghiere del rosario con sua nonna da bambino, fino a che non è arrivato per lui il momento di impegnarsi nel movimento mariano Schoenstatt, di origine tedesca. «Quando sarò chiamato a dare la mia testimonianza davanti ai padri sinodali, parlerò di punti e azioni concrete da fare e condividerò la mia esperienza – afferma -. E quando tornerò a casa, porterò con me proprio questa “sinodalità”. Noi giovani possiamo contribuire alla Chiesa e io stesso mi sento corresponsabile di questa missione. Noi tutti qui siamo piccole parti della Chiesa».