La suora che trent’anni fa diceva: «Black Lives Matter»

La suora che trent’anni fa diceva: «Black Lives Matter»

Nel 1989 Thea Bowman diventava la prima donna afro-americana a parlare a un’assemblea dei vescovi degli Stati Uniti. Le parole fortissime e ancora drammaticamente attuali pronunciate quel giorno da questa religiosa di cui oggi è in corso la causa di beatificazione: «A volte mi sento una bambina senza madre. Vuoi ascoltarmi Chiesa?»

 

Da giorni ormai – negli Stati Uniti e non solo – la questione razziale è diventata un tema cruciale per le proteste del movimento «Black Lives Matters». Ancora una volta questa piaga dolorosa e mai rimarginata è sfociata in gravi tensioni dopo la morte di George Floyd che ha sollevato il velo anche su altri abusi commessi dalla polizia nei confronti di uomini neri. Ma che cosa c’è davvero dietro questa rabbia che periodicamente riesplode? E come interpella questa rabbia la comunità credente?
Ci sembra significativo oggi riscoprire una pagina importante della storia della Chiesa cattolica americana: la testimonianza di una donna, Thea Bowman, che nella sua stessa vita ha incarnato molti dei valori per i quali oggi ci si torna a battere. Nata in uno Stato come il Mississippi, segnato fortemente dalla questione razziale, Thea è stata la prima donna nera ad essere ammessa tra le Suore Francescane dell’Adorazione Perpetua, una congregazione che prima di lei era stata rigorosamente bianca. Da educatrice ha promosso la lotta contro le discriminazioni razziali nelle scuole e nelle Chiese, divendo uno dei volti più noti della comunità cattolica afro-americana. In questa veste nel 1989 tenne uno storico discorso all’Assemblea della Conferenza episcopale degli Stati Uniti. Un intervento che per franchezza e visione può essere paragonato al celebre «I have a dream» di Mart
in Luther King. Vogliamo riproporre oggi – insieme al video di quella giornata – una nostra traduzione di ampi stralci di quel discorso che più di trent’anni dopo mantiene intatta tutta la sua carica profetica. Suor Thea sarebbe poi morta per un tumore l’anno dopo e due anni fa è iniziata la sua causa di beatificazione. Per sua intercessione chiediamo il dono di una pace nella giustizia sulle strade dell’America di oggi.

 

 

Che cosa vuol dire essere nera nella Chiesa e nella società? Voglio parlarvi di una Chiesa…

(canta)

A volte mi sento come una bambina senza madre
Molto lontano da casa
A volte mi sento come un’aquila nel cielo
Eppure resto lontana…

Mi senti, Chiesa? Vuoi aiutarmi, Chiesa?

(canta) Sono molto lontana da casa, molto lontana dalla mia casa

Pellegrina in viaggio cercando casa. E Gesù mi ha detto che la Chiesa è la mia casa. E Gesù mi ha detto che il cielo è la mia casa e non ho una città duratura qui. Cardinali, vescovi – miei fratelli nella Chiesa – per favore aiutatemi a tornare a casa.

Che cosa significa essere neri in questi Stati Uniti? Che cosa significa essere afro-americani?

Le nostra storia comprende la carità di Simone di Cirene, la ricerca dell’eunuco etiope, il contributo dell’Egitto nero nell’arte e nella matematica, nel monachesimo e nella politica; l’arte e l’architettura dello Zimbabwe, la scuola di Timbuctu, la dignità e la serenità dei tessuti, dell’oro e della religiosità del Ghana, la pervasiva spiritualità e vitalità della Nigeria, la politica e l’organizzazione sociale dello Zaire. La nostra storia include la schiavitù, l’oppressione e lo sfruttamento. Come ha detto Malcom X: “Cari amici, molti di loro non sono arrivati qui sul Mayflower, sono arrivati come schiavi in catene sulle navi”. Uomini e donne, fieri, forti – artisti, maestri, guaritori, guerrieri e anche sognatori, inventori e costruttori, amministratori, politici, sacerdoti proprio come voi – arrivarono su queste spiagge vittime della tratta.

Quelli che sopravvissero all’indegnità del Middle Passage vennero nel continente americano portando i tesori delle loro radici africane, i doni spirituali e culturali dell’Africa – sapienza, fede e fedeltà, arte e rappresentazione – qui in una terra per loro aliena la gente dell’Africa si aggrappò ai modi africani di pensare, alle tradizioni, ai valori della comprensione, della celebrazione della vita, ai modi africani di muoversi, parlare, risanare, imparare, cantare e pregare. L’avete visto nei film: il modo africano di ridere, di stare insieme e di amare. E questa è cultura.

Alle Americhe la nostra gente ha portato la memoria segreta dell’Africa, la celebrazione del valore della vita nello stile africano, nelle canzoni e nella musica, nelle storie e nelle rappresentazioni, nella poesia e negli aneddoti, la memoria dei meccanismi di sopravvivenza dell’Africa. La memoria del colore e della trama, delle arti culinarie che sono state tramandate anche quando abbiamo aggiunto la trippa e gli altri avanzi della gente. Le genti africane qui sono diventati gli afro-americani testimoniando la fede nel Dio che ama e che salva. Hanno incarnato e celebrato le proprie vite e i propri valori, i loro obiettivi, i loro sogni, le loro relazioni. La nostra storia include l’esperienza delle isole – le Isole Vergini, Haiti, Cuba, la nostra esperienza hispanica in Centro e Sudamerica, il nostro incontro con le comunità native dove il sangue africano si è mescolato con il Chaka, il Chickasaw e il Cherokee, con la gente ordinaria dell’Asia e del Pacifico, con gli europei immigrati dalla Francia e dalla Germania. Perché lo saprete bene, vero, come mai siamo così?

Genti africane della diaspora. Siamo qui in questa terra e questa è la nostra terra. È parte anche della nostra storia. La nostra gente, gente nera, ha aiutato a costruire questa nazione nei campi di cotone, di grano e di fagioli e altre verdure, con i mattoni e con la malta. Hanno spianato la strada e cucinato il cibo che coltivavano. Hanno pulito e costruito chiese – anche chiese cattoliche. Hanno costruito strade, ponti e monumenti nazionali. Persone con la pelle nera hanno difeso questo Paese come soldati e marinai. Hanno insegnato, modellato e fatto crescere i bambini e non sto parlando solo dei bambini con la pelle nera. E se non mi credete chiedetelo al cardinale seduto laggiù – sì anche alcuni di voi…

Posso immaginare. Lo sapete di che sto parlando anche riguardo alla Chesa? Voglio dire, vuoi camminare insieme a me Chiesa? Dopo essere sopravvissuti alla nostra storia fisicamente, mentalmente, emotivamente, moralmente, spiritualmente, fedelmente e anche gioiosamente – il nostro popolo ha sviluppato una cultura che è africana e americana insieme, che si si è formata e arricchita con tutto ciò che abbiamo vissuto. Ma nonostante tutto questo, nonostante il movimento per i diritti civili negli anni Sessanta, le conquiste socio-educative degli anni Settanta, i neri in questi nostri anni Ottanta stanno ancora combattendo – ancora «con le unghie e con gli artigli» come dicevano ai vecchi tempi – stanno ancora cercando di trovare casa in patria e una casa anche nella Chiesa.

Ancora lottano per ottenere pari opportunità. Un numero sproporzionato di persone nere sono povere, private di tutto, discriminate; prive di un’opportunità di crescita fisica, intellettuale e spirituale. Non c’è bisogno che ve lo dica, ma vi ricordo che più di un terzo dei neri negli Stati Uniti vive in condizioni di povertà, quel genere di povertà dove manca addirittura ciò che è una necessità primaria. Sto parlando di anziani che hanno lavorato duramente per tutta la vita e non hanno abbastanza denaro per un pasto decente, per un tetto o per l’assistenza medica. Sto parlando di bambini che non potranno mai avere uguali opportunità perché la povertà li ha condannati a quozienti bassi alla nascita, ritardi e disparità di educazione. Più del 55% dei bambini neri sono figli di madri single. Circa il 41% delle famiglie nere hanno un solo genitore e sono guidate da donne. Il tasso di divorzi tra i neri è doppio rispetto a quello tra i bianchi. I bambini neri hanno il doppio delle probabilità dei bianchi di nascere prematuri, di vivere in case inadeguate, di avere genitori disoccupati. La mancanza di lavoro o lo sfruttamento lavorativo tra noi sono endemici e molti di noi non hanno le opportunità sociali e politiche per trovarsi là dove si offre il lavoro. Un maschio nero ogni 21 finisce vittima di un omicidio. Un numero sproporzionato di nostri uomini stanno morendo suicidi, o per l’Aids, o per l’abuso di droghe e la bassa autostima.

Che cosa vuol dire essere neri e cattolici? Per troppi significa non essere stati evangelizzati, non essere andati a scuola, non aver avuto un’opportunità per lavorare nella Chiesa cattolica. Io vengo dal Mississippi dove le prime scuole furono aperte nei sotterranei della Cattedrale da preti diocesani e da un gruppo di laici. Per molti di noi essere neri e cattolici significa essere arrivati alla Chiesa perché l’istruzione ha aperto la porta all’evangelizzazione. Vuol dire che in un tempo in cui gli uomini e le donne nere erano sistematicamente lasciati fuori dal sacerdozio e dalla vita religiosa, ci sono state persone che si sono prese cura di noi, che hanno lavorato con noi, per noi e in mezzo a noi, aiutandoci così ad aiutarci da noi stessi. E oggi i nostri vescovi afro-americani nel nome della Chiesa universale hanno dichiarato pubblicamente che come noi popolo fedele, come membra del popolo di Dio, abbiamo raggiunto l’età e il tempo di essere evangelizzatori di noi stessi.

Che cosa significa essere neri e cattolici? Significa che vengo alla mia Chiesa come un suo membro pienamente operativo. Vi spaventa questo? Porto me stessa, la mia identità nera, tutto ciò che sono, tutto quello che ho, tutto ciò che spero di diventare. Porto la mia storia intera, le mie tradizioni, la mia esperienza, la mia cultura, le mie canzoni e le mie danze afro-americane, insieme ai gesti, ai movimenti, agli insegnamenti, alla predicazione, alla forza risanatrice, alla responsabilità – come doni per la Chiesa. Porto una spiritualità che i nostri vescovi afro-americani ci hanno detto essere contemplativa, biblica e olistica; che porta alla religione un’unità di mente e immaginazione, di memoria, di sentimento e passione, di emozione e intensità. Una fede che è incarnata nella lode, una spiritualità che sa come trovare gioia anche in tempo di dolore, che sgorga da una fede radicata nel Signore. Una spiritualità della gente comune, che prova a camminare, parlare, lavorare, pregare e giocare tutto insieme. Anche quando siamo occupati, vogliamo comunque trovare Lui, vogliamo raggiungerLo e toccarLo. Una spiritualità che anche nel mezzo delle vostre Messe o delle vostre prediche avverte solo il bisogno di urlare Amen, Alleluja, Grazie Gesù! (…)

Voglio dirvi un’ultima cosa, che forse non vi piacerà molto ma va bene lo stesso. Le scuole cattoliche sono state uno strumento primario di evangelizzazione nelle comunità nere. La Chiesa ci ha ripetutamente chiesto “Che cosa volete?”, “Che cosa la Chiesa può fare per voi?”. E dappertutto le comunità nere hanno risposto: “Aiutateci con l’istruzione, abbiamo bisogno di istruzione” perché questa è la strada per uscire dalla povertà, la nostra opportunità, non possiamo essere aiutati senza l’istruzione perché l’ignoranza ci storpia e ci uccide. La gente nera sta ancora chiedendo istruzione alla Chiesa cattolica. Ma oggi a volte non abbiamo i soldi. Stiamo cercando allora modi alternativi per parlare per parlare alla comunità nera in un linguaggio che possa comprendere?

Il vescovo Brunini ha detto che molti cattolici impiegano un sacco di tempo a svolgere il proprio ministero coi salvati, lavorano solo con chi è già parte della Chiesa. Un sacco di gente nera là fuori è senza Chiesa. Abbiamo percorso una strada lunga nella fede. Guardate anche solo da dove siamo venuti. Come popolo nero ci troviamo sulla soglia di una nuova era e se mi guardo intorno in questa stanza  so che molti di voi hanno marciato e parlato – e lavorato e pregato – sono stati con noi nella società e nella Chiesa e a nome di tutti i neri vi ringrazio.

Oggi però siamo chiamati a camminare insieme in un modo nuovo verso la Terra promessa e a celebrare chi siamo e di chi non siamo. Se noi, come Chiesa, cammineremo insieme… Non lasciate che nessuno ci divida. Se c’è una cosa che la gente nera può insegnarvi è questa: non lasciate che qualcuno vi divida; lo sapete come funziona, mettiamo i laici di qua e i preti di là, i vescovi in una stanza e il clero nell’altra, le donne di qua e gli uomini di là. La Chiesa ci insegna che è una famiglia di famiglie e le famiglie stanno insieme. E lo sappiamo che se stiamo insieme, fratelli, se camminiamo e parliamo e lavoriamo e giochiamo e resistiamo insieme nel nome di Gesù, saremo ciò che diciamo di essere: davvero cattolici. E alla fine vinceremo (We shall overcome). Vinceremo la povertà, vinceremo la solitudine, vinceremo l’alienazione e costruiremo insieme la Città santa, la nuova Gerusalemme, una città sul monte dove tutti sapranno che viviamo qui perché ci amiamo gli uni gli altri.

(canta)

We shall overcome, we shall overcome
We shall overcome someday
Oh, deep in my heart, I do believe
We shall overcome someday