Nella riforma fiscale proposta dal Partito repubblicano, spunta l’ipotesi di depennare gli sgravi fiscali alle famiglie che adottano un bambino. Negli Stati Uniti – in cui le adozioni sono già da tempo in caduta libera – le associazioni lanciano l’allarme
Della riforma fiscale presentata in questi giorni dal Partito repubblicano, che allenta la stretta fiscale per imprese e contribuenti della classe media, un «taglio» ha fatto particolarmente discutere gli americani. Si tratta della «adoption tax credit», un sistema di detrazione fiscale nato per limitare i costi a chi decide di adottare un bambino e che la riscrittura ad opera del Grand Old Party minaccia invece di cancellare. Una brutta notizia, arrivata proprio nel mese dedicato dagli Stati Uniti alle adozioni, che ha lasciato di sasso gli osservatori visto che l’idea di introdurre incentivi fiscali in questo campo si deve proprio al repubblicano Newt Gingrich che nel 1994 per primo formulò la proposta.
Fu due anni dopo che di fatto il credito sull’imposta per le adozioni divenne una legge, firmata dal presidente Clinton ma supportata da ambo gli schieramenti politici. La norma prevedeva fino un massimo di 5mila dollari di detrazioni per le famiglie che adottavano un bambino con bisogni speciali, ma negli anni la misura ha subito diversi ritocchi e ad oggi le famiglie adottanti possono riavere sotto forma di credito d’imposta fino a 13.570 dollari. Una cifra notevole che ha incentivato tante famiglie a sostenere le spese delle adozioni, da quelle legali a quelle delle agenzie di mediazione, che – secondo il «The Donaldson Adoption Institute» – possono andare dagli 8mila a 40mila dollari (nel caso di un’adozione internazionale). La proposta di tagliare questi preziosi sgravi fiscali preoccupa dunque le famiglie e secondo le associazioni potrebbe scoraggiare chi sta per intraprendere questa strada.
Da parte sua, il Partito repubblicano giustifica la soppressione degli sgravi ricordando che ad oggi della norma possono beneficiare soltanto alcuni contribuenti. In particolare nel 2017 la detrazione per le adozioni poteva essere richiesta dalle famiglie con un reddito annuo di 203-243mila dollari. Si può dire dunque che finora le famiglie che hanno beneficiato maggiormente del credito d’imposta sono quelle della classe media che, secondo i dati fiscali del 2014, equivalgono a circa il 35 per cento dei contribuenti americani. Il motivo di questa disparità è presto detto: le detrazioni previste non sono rimborsabili e dunque i genitori adottivi devono guadagnare abbastanza per avere un debito sufficiente nei confronti del fisco. Per il solo anno (2011) in cui gli sgravi sono stati rimborsabili, molte più famiglie ne hanno usufruito ma la misura ha probabilmente sballato i conti visto che nel 2012 si è ritornati alle detrazioni non rimborsabili.
Oggi il Partito repubblicano vorrebbe abrogare per poi riscrivere da zero gli incentivi per le adozioni, i cui beneficiari potrebbero cambiare anche se sembra difficile – dicono gli esperti – che la modifica favorirà la classe di reddito medio-bassa, finora rimasta fuori dagli incentivi. Jedd Medefing, il presidente di Christian Alliance for Orphans, ha spiegato al Washington Post che si aspetta che le adozioni crollino, mentre Shilpa Phadke del Center for American Progress ha dichiarato che la proposta è una bomba a orologeria per tante famiglie di classe medio-bassa.
Anche se ancora non si capisce come finirà la faccenda, di certo c’è che la norma non aiuterebbe il decollare della pratica dell’adozione che negli Stati Uniti è già in caduta libera. Le adozioni internazionali sono diventate sempre più difficili per motivi etici e politici (la Russia, per esempio, le ha rese impossibili ai cittadini americani), col risultato che nel 2016 ne sono state concluse 5.400 a fronte delle 23mila del 2004. In generale, poi, i neonati adottati dagli americani tre anni fa sono stati appena 18mila, mentre nel 1971 toccavano quota 90mila. L’unica controtendenza la segnano invece proprio quei ragazzi in cerca di una famiglia stabili, che negli Stati Uniti nel 2015 sono stati 428mila ma il cui numero continua drammaticamente a crescere.