Fra le pagine della Biblioteca e negli archivi del Pime, alla scoperta di una scienza antica e per molti versi ancora sconosciuta. Un convegno e un lascito offrono l’occasione per “scovare alcune perle”
Da secoli lo sguardo occidentale verso la medicina cinese ha oscillato tra attenzione e rifiuto. Se ne possono trovare interessanti testimonianze sia nella Biblioteca che nella fototeca del Pime di Milano così come nell’archivio di Roma. Un esempio sono i volumi dell’opera settecentesca Mémoires concernant les Chinois che spaziano attraverso storia, arte, usi… senza trascurare la scienza. Il gesuita Jean-Joseph-Marie Amiot, in una lettera del 1789, scrive di essere andato da un dottore cinese che gli ha spiegato la causa del suo male in uno squilibrio fra yin e yang. Da quell’incontro nascono una serie di domande e risposte riportate nel testo.
Testimonianze successive arrivano dal settimanale Les missions catholiques e dall’omologo italiano. La rivista francese nel 1879 pubblica un passo di un missionario che descrive i rapidi effetti di una seduta di agopuntura che gli permette di riprendere l’attività in Corea, prova della diffusione di questa pratica nei Paesi accanto alla Cina e di un’apertura degli occidentali.
Negli archivi si trovano differenti opinioni. Da un lato, la diffidenza verso la medicina cinese si concretizza nella richiesta di semplici rimedi (pastiglie per la tosse, digestivi) e nella creazione di ospedali. Nel resoconto della missione nella provincia dell’Henan del 1872, però, si trova un inaspettato corso di medicina cinese per gli studenti della scuola affiancata al collegio. Nonostante questo, qualche missionario esprimeva un «gran ribrezzo alle medicine cinesi».
Ai primi del Novecento, l’opera di un gesuita, Henri Doré, simboleggia un cambio di prospettiva, parlando fin dal titolo di “ricerche sulle superstizioni in Cina”. Pur da questo punto di vista critico, collegato al periodo storico, i volumi raccolgono numerose notizie su tradizioni e vita quotidiana nel Celeste impero, inclusa la medicina. Dopo la Seconda guerra mondiale, parte una riscoperta della Cina in cui rientrano le riflessioni di Yvonne Mollard, a cui è dedicato un convegno il 7 aprile presso il Centro Pime di Milano (cfr. box).
Dopo la laurea a Parigi, la Mollard fa le sue prime esperienze da medico in Marocco. Per amore di un italiano, si trasferisce in Giappone dove matura la passione per la medicina tradizionale cinese. A Milano e a Parigi approfondisce i suoi studi e, confrontandosi con i colleghi Terenzio Cantoni, Gian Paolo Garavaglia e Ruggero Dujani, nasce l’idea di fondare nel capoluogo lombardo l’associazione So Wen, che dal 1974 si dedica alla medicina cinese.
Nel 2002 nasce “Agopuntura senza frontiere”. L’obiettivo dell’associazione è stato quello di trasmettere conoscenze e tecniche in Paesi poco sviluppati, come Madagascar, Tanzania e Laos. Lo spirito dell’iniziativa era quello di dare strumenti basilari complementari a quelli presenti nell’esperienza locale, creando un percorso formativo per medici, infermieri e ostetriche per renderli più autonomi dai prodotti farmaceutici esteri.
Come ricorda il dottor Federico Canavesi – docente presso la scuola So Wen e già vice presidente di “Agopuntura senza frontiere” – l’essenza del progetto stava nel detto cinese secondo il quale è meglio insegnare a un uomo a pescare piuttosto che dargli un pesce.
Nel 2006, la dottoressa Mollard muore; dieci anni più tardi l’associazione si scioglie. Per non disperdere i suoi libri, si pensa di lasciarli alla Biblioteca del Pime di Milano. Trasmettere le conoscenze agli studenti era una parte essenziale dell’attività della dottoressa, non solo medico e studiosa, ma anche insegnante. I suoi 400 volumi non trattano solo della medicina cinese in senso stretto, ma anche di storia e filosofia (in particolare taoista), area già presente nel patrimonio della Biblioteca del Pime, che si arricchisce così di un settore più specifico legato all’agopuntura, alla traduzione di testi classici e alla nutrizione.
La medicina tradizionale cinese è “globale”, perché l’essere umano è considerato come parte dell’universo. Come ha scritto Élisabeth Rochat de la Vallée, tanti libri occidentali escludono la relazione uomo-universo, concentrandosi solo sulla pratica medica. Leggendo i testi classici di medicina cinese e guardando l’inventario del lascito Mollard si coglie invece la ricchezza di riferimenti ad altre branche del sapere che il Pime conserva e desidera mettere a disposizione di tutti.