Algeri, la mia casa

Algeri, la mia casa

Suor Rita Manzoni vive da dieci anni nella capitale algerina, dove è responsabile della Maison diocésaine: un luogo di accoglienza e incontro tra persone di provenienze, culture e religioni diverse

 

«Non è facile essere cristiani in Algeria». Lo sa bene suor Rita Manzoni, missionaria dell’Immacolata, 75 anni d’età e oltre 45 di missione. Gli ultimi dieci li ha passati in questo vasto Paese del Nordafrica, dove è stata tra le pioniere di una presenza dell’Istituto che, nonostante le difficoltà, non smette di crescere. Anche grazie a lei.
Suor Rita non lo ammetterebbe mai: ma col suo modo discreto e schivo, il suo senso pratico e la sua capacità di adattamento, è stata sempre dove serviva. Spesso dove non c’era niente o quasi. E bisognava cominciare tutto di nuovo.

Ad Algeri, lei e le sue consorelle Giovanna Magni, Gabriella Tripani e Teresa Gomes del Bangladesh, sono i “pilastri” della Maison diocésaine (la Casa dio­­ce­sana), ovvero il cuore della Chiesa di Algeri: un luogo di incontro, preghiera e scambio, aperto a tutti, non solo ai cattolici; un luogo di dialogo interreligioso che si fa soprattutto attraverso le relazioni e la solidarietà.

Originaria di Gorgonzola, nel Milanese, suor Rita ha trascorso oltre trent’anni in Camerun, dal 1978 al 2010, con qualche parentesi in Italia. Per molto tempo, il suo vissuto africano è stato legato a una Chiesa giovane e piena di giovani, una Chiesa in grande fermento, ricca di entusiasmo e di iniziative.

Ma l’Africa subsahariana – anche quella prevalentemente musulmana come la regione dell’Estremo Nord del Camerun – è molto diversa e lontana da quella mediterranea. Non solo geograficamente. «Qui in Algeria, molti non hanno mai visto una suora. Non sanno neppure cos’è. Incontrandoci lo scoprono per la prima volta. In genere, sono colpiti positivamente. È proprio un altro mondo, un altro modo di relazionarsi…».

È stato un radicale cambiamento di prospettiva quello che suor Rita ha dovuto affrontare, offrendosi di andare in Algeria. Cresciuta in un Paese come l’Italia con una forte tradizione cattolica, missionaria in uno come il Camerun con una presenza significativa di cristiani, suor Rita si è rimessa in gioco in un contesto come quello algerino dove i cristiani sono una piccolissima minoranza: l’1 per cento circa della popolazione con una netta predominanza di protestanti. Tra i cattolici, la maggior parte sono stranieri: molti francesi, europei di diversi Paesi, qualche latinoamericano e qualche asiatico; sempre di più, però, sono subsahariani, sia studenti che migranti.

Insomma, un po’ di Africa se l’è ritrovata anche in questo enorme e desertico Paese, dove il clima – non solo atmosferico – non sempre è facile. «Mi trovavo in Italia al capitolo della nostra congregazione – racconta – quando si è deciso di aprire una nuova missione in Algeria nel 2010. Io e suor Serena De Stefani, entrambe con esperienze in Camerun, eravamo lì e abbiamo detto che potevano contare su di noi. Poi si è unita anche suor Lourdes Santos, brasiliana, che era stata in Camerun pure lei».

Queste tre religiose rappresentano l’avanguardia di una presenza delle missionarie dell’Immacolata che ha seguito quella del Pime, cominciata nel 2006 a Touggourt, nel Centro-sud, e che oggi si è estesa anche ad Algeri, con cinque missionari in tutto e una famiglia dell’Associazione Laici Pime (Alp). Le religiose, invece, sono più del doppio, 11 divise in tre diverse missioni: Algeri, Hassi Messaoud, nella diocesi di Lagouat-Ghardaia, e Mascara, nella diocesi di Orano. Altre due suore si stanno preparando a raggiungerle, mentre tre sono già in Tunisia nella missione-sorella in terra nordafricana.

«Qui alla Maison diocésaine abbiamo la possibilità di incontrare tante persone. È davvero un carrefour, un incrocio di persone, culture, religioni e mondi diversi». In effetti, nel vasto cortile, così come nella grande casa, c’è sempre un via vai di gente. Ci sono i cristiani, certo, ma non sono i più numerosi: alcuni fedelissimi partecipano tutti i giorni alla Messa, mentre sono un po’ di più quelli che vi si recano per la celebrazione eucaristica del venerdì, che in Algeria è festivo, o la domenica sera.

«Sono quasi tutti espatriati», precisa suor Rita, che non fa mai mancare qualche segno di accoglienza. È lei la responsabile della struttura che offre anche ospitalità e spazi di incontro ad associazioni e gruppi algerini. «Vengono qui per riunioni o sessioni di formazione – racconta suor Rita -. È sempre una bella opportunità per conoscersi e avere degli scambi. Siamo molto sollecitate, ma accettiamo solo gruppi che hanno scopi umanitari, che si interessano ad esempio della promozione della donna, di formazione civica, di servizi ai disabili… Siamo molto attente che non abbiano alcuna connotazione politica».

La prudenza non è mai troppa, specialmente in una situazione critica e in evoluzione come quella dell’Algeria, dove ormai da oltre un anno – e nonostante le elezioni – non cessano le proteste. «Molta attenzione viene dedicata ai ragazzi e ai giovani – tiene a sottolineare suor Rita – soprattutto attraverso il gruppo Education Jeunesse, che vede impegnati suor Giovanna e Totò La Loggia dell’Alp».

Lo scorso anno, in particolare, il “Foyer des Jeunes – Amitiés sans frontières” ha visto una grande partecipazione: «Abbiamo potuto accettare una quarantina di iscrizioni, di più non ci è possibile per mancanza di spazio e di risorse. I bambini sono tutti algerini e tutti musulmani, maschi e femmine, mentre gli otto animatori sono di nazionalità diverse – algerini, centrafricani e italiani – e tra di loro ci sono anche alcuni cristiani. Già in questo si vedono alcuni valori che vogliamo trasmettere: accoglienza e rispetto dell’altro, rifiuto del razzismo, apertura alla conoscenza e all’incontro. Proviamo a trasmettere loro la convinzione che la diversità è una ricchezza e non va temuta».
I bambini si incontrano normalmente il sabato pomeriggio alla Maison diocésaine, dove vengono proposte molte attività: musica, disegno, cucina, giardinaggio, teatro… «E poi non manca mai il gioco – aggiunge suor Rita – che offre importanti occasioni formative: rispetto delle regole, spirito di équipe, possibilità di lavoro insieme… Oltre al fatto che si divertono!».

Un tema centrale su cui continuano a lavorare è quello dell’ambiente, della sua tutela e promozione, ancora poco sentito anche tra gli adulti. E poi, si propongono visite e gite perché possano conoscere meglio il loro bellissimo Paese: «Siamo stati, ad esempio, a Tipaza e Cherchell, due splendide città romane, con vestigia importanti e molto interessanti. Ma abbiamo visitato anche alcune zone ricche di fascino della città di Algeri, come la Casbah, riconosciuta come patrimonio dell’umanità dall’Unesco, o il Jardin d’Essay, il giardino botanico».

Suor Rita, però, è stata anche in un altro luogo estremamente affascinante e ricco di suggestione: l’eremo di Charles de Foucauld all’Assekrem, nel profondo Sud dell’Algeria, poco distante dalla cittadina di Tamanrasset. «Per ragioni di sicurezza non era possibile andarci – racconta -, ma ora si può salire sino in cima con la scorta. Ci sono stata un paio di volte per gli esercizi spirituali. È un luogo unico. Davvero vicino al cielo».