Da Iskenderun, dove il sisma ha provocato il crollo della cattedrale, padre Antuan racconta: «Nella tragedia è cresciuta la fratellanza tra comunità cristiane»
Riportiamo la testimonianza di padre Antuan Ilgıt, gesuita turco e vicario delegato del Vicariato apostolico dell’Anatolia che ha sede a Iskenderun, in una delle zone più colpite dal terremoto. La cattedrale, punto di riferimento per la comunità cattolica latina (e non solo), è crollata a causa del sisma. Da subito l’episcopio, ancora agibile, ha accolto un centinaio di persone: parrocchiani, suore, ma anche siriaci, ortodossi e alcune famiglie musulmane. Oggi da lì padre Antuan, insieme al direttore di Caritas Anatolia John Farhad Sadredin, coordina gli aiuti con una quarantina di volontari.
La seconda domenica di Quaresima l’abbiamo celebrata nella nostra nuova chiesa che prima del terremoto era la sala riunioni dell’episcopio. Con le tre suore di clausura, la focolarina e due volontari italiani con grande entusiasmo e speranza nel cuore ci abbiamo portato il crocefisso, un tabernacolo di legno, una piccola statua in legno della Madonna e le panche recuperati dalla cattedrale crollata e da una cappella che ora è inagibile. La sala è diventata una bella chiesetta che ci piace e che già “riempiamo” di momenti di adorazione e preghiere.
Alla Messa, che ho presieduto, c’era anche il prete della Chiesa armena apostolica di Iskenderun, Der Hayr Avedis Tabashian, responsabile della comunità in Anatolia dell’Est. Non poteva celebrare nella sua chiesa perché attualmente è inagibile. Questa fratellanza, che c’era già prima del terremoto, con lui e con i preti ortodossi della città, costruita anche grazie all’impegno del nostro vescovo monsignor Paolo Bizzeti, ora in mezzo a questa tragedia è ancora più forte. La Messa è stata molto sentita. Io ho tenuto l’omelia e lui alla fine ha rivolto un’esortazione alla comunità.
Tutto questo per dire che noi “pietre vive” sopravvissute al sisma rimaniamo in piedi e con l’aiuto di Dio, che mettiamo al centro della nostra quotidianità, pieni di speranza guardiamo alla Pasqua. In questi giorni abbiamo riflettuto sulla Trasfigurazione di Gesù, che nel periodo grigio della Quaresima ci dona la luce del volto luminoso del Signore. Questo volto luminoso ci incoraggia e ci dice che Lui è presente anche in questa Quaresima reale che qui stiamo attraversando. Anche perché Lo incontriamo nell’impegno dei terremotati rifugiati qui da noi, che si danno da fare per aiutare chi è in una situazione di bisogno ancora più grave, e Lo incontriamo nella “comunione” fraterna che si è fatta più tangibile tra noi preti, di rito latino cattolico, ortodosso, armeno. Insieme celebreremo la Pasqua più bella, anche perché come ci insegna Papa Francesco «nessuno si salva da solo» e noi rimaniamo uniti nel dolore del terremoto come anche nella luce del Risorto alle porte.