Palestinese trapiantato negli Usa, impegnato per la pace e il dialogo e fondatore del Salam Institute, è il vincitore del Premio Niwano 2024, il “Nobel delle religioni”
Docente di International Peace and Conflict Resolution, Mohammed Abu-Nimer si è distinto per il suo «contributo olistico alla causa della pace». È questa la motivazione con cui gli è stato attribuito il Premio Niwano 2024 dall’omonima Fondazione giapponese che ogni anno riconosce personalità impegnate nel dialogo e nella riconciliazione. Quello di Abu-Nimer, del resto, è un impegno portato avanti da molti anni e rilanciato negli ultimi mesi, dopo l’attacco di Hamas che ha scatenato la guerra di Israele a Gaza.
La sua è sempre stata una vita spesa per la pace e per il dialogo interreligioso, tanto da studioso quanto da persona attiva e impegnata sul campo. La scelta del Premio testimonia anche l’importanza di mantenere un’attenzione vigile su un’area come la Terra Santa ancora oggi teatro di scontri e violenze di natura confessionale, politica e sociale.
Nella motivazione, i promotori sottolineano l’opera di educazione promossa da Abu-Nimer, nel tentativo di risolvere i conflitti e favorire attività volte alla «costruzione della pace attraverso la profonda comprensione del perdono e della riconciliazione nell’islam». Un contributo che non è solo teorico, ma che viene applicato con efficacia nella pratica e che riveste maggior significato oggi «alla luce del conflitto in corso» nelle sue terre di origine, dove si sta consumando «una delle guerre più devastanti» al mondo.
Abu-Nimer, che insegna attualmente all’American University di Washington, è anche fondatore del “Salam Institute for Peace and Justice”, che ha sempre posto al centro l’attenzione per le “differenze” fra comunità islamiche e no, avviando progetti che abbracciano culture e fedi diverse in una prospettiva di costruzione della pace e dello sviluppo sostenibile in particolare nelle nazioni a maggioranza musulmana.
Originario di un villaggio del Nord della Galilea, a vent’anni ha partecipato a un corso di formazione sul dialogo che ne ha segnato il percorso di vita e professionale, e lo ha portato a impegnarsi in prima persona nell’incontro e nel confronto fra musulmani ed ebrei, fra israeliani e palestinesi, ponendo particolare attenzione proprio alle zone di maggiore conflitto e tensione. A partire dagli anni Novanta ha approfondito anche le criticità fra cattolici e protestanti in Irlanda del Nord, i rapporti fra buddhisti e indù in Sri Lanka, le relazioni islamo-cristiane nelle Filippine, nei Balcani e in diversi Paesi dell’Africa. È stato anche fra i primi a organizzare progetti in Arabia Saudita e a lavorare in diversi Paesi arabi.