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A Bari, incontro a porte chiuse ed ecumenismo di popolo

Vittoria Prisciandaro nella rivista “Credere” dell’8 luglio 2018, presentando l’incontro ecumenico di Papa Francesco coi Patriarchi e i capi religiosi cristiani, ricorda che nel 1054 si tenne a Bari un concilio per tentare di riannodare il dialogo tra latini e greci. San Nicola, quindi, patrono di Bari, ha alimentato la vocazione ecumenica nella Chiesa da tanto tempo e continua ancora oggi.  Il  21 maggio 1917 la reliquia è andata in pellegrinaggio a Mosca. È stato un evento di popolo senza precedenti: due milioni e mezzo di pellegrini. Il Patriarca Kiril ha dichiarato: «Davvero Bari è il centro che unisce Oriente e Occidente». Ora Papa Francesco, presente a Bari, vive anche un momento a porte chiuse. Quale dialogo? Quale tema privato? Forse si deve pensare che l’ecumenismo procede col proprio ritmo, col suo metodo, coi suoi segreti. Come quando Papa Francesco incontrò il Patriarca Kiril a Cuba. Ma sappiamo che mentre il Papa incontra a porte chiuse, fuori il popolo accompagna l’evento invocando il Principe della Pace. L’ecumenismo è cammino di Chiesa. Mimmo Muolo, in “Avvenire” dell’8 giugno trae dai discorsi del Papa la volontà della Chiesa di farsi voce di chi non ce l’ha, contro l’indifferenza di chi non vede le lacrime del Medio Oriente e invita i membri delle Chiese a unirsi, a mettersi insieme, a pregare, ad agire e chiede che la solidarietà possa essere approfondita. L’unione dei cristiani è il più grande dono da ottenere e da realizzare per la pace e la vita del mondo. C’è da aspettarsi di risentire quanto affermava e scriveva con coraggio negli anni Quaranta, l’apostolo dell’ecumenismo, padre Paolo Manna, del Pime, nel suo libro: I Fratelli separati e noi: «L’unione sarà fatta quando i fratelli, ora divisi, si saranno riconosciuti e nei loro cuori avvamperà di nuovo l’amore». Paolo VI e Athenagora vivevano l’ecumenismo dell’amore. Suor Maddalena, Piccola Sorella di Gesù, incontra a Tre Fontane il Patriarca Athenagora e questi le chiede: «Come sta mio fratello Paolo VI?».  Poi Athenagora racconta: «Siamo caduti (sic), le braccia dell’uno nelle braccia dell’altro, l’anima dell’uno nell’anima dell’altro. Ci hanno chiesto. “Quante volte?” Risposi: “Quando due fratelli si incontrano dopo nove secoli, gli abbracci non si contano!”. E in che lingua parlavate? Risposi: “Dopo nove secoli, è il cuore che parla… ed è inesprimibile!”». Ora Papa Francesco parla dell’ecumenismo della sofferenza, del sangue: «Come il sangue dei martiri è stato seme di forza e di fertilità per la Chiesa, così la condivisione delle sofferenze quotidiane può divenire strumento efficace di unità».        

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