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Affascinati dalla morte

«Quello che ci fa paura nel terrorismo islamico non è la violenza ma il fascino per la morte di chi si immola. Sono persone che amano la morte». Lo ha affermato Olivier Roy, docente dell’Istituto universitario europeo, intervenendo all’incontro “Tra nichilismo e jihadismo: la sfida di ricostruire la civiltà nello spazio pubblico” svoltosi al Meeting di Rimini, la scorsa settimana. «Il fondamentalismo religioso non è niente di nuovo – ha spiegato l’intellettuale francese – ma è nuovo l’attentato suicida in nome della religione. Circa il 25% dei volontari occidentali – ha proseguito – vanno a fare la jihad in Siria e sono convertiti. La maggioranza dei giovani terroristi non ha una conoscenza religiosa.  C’è una sorta di mancanza di integrazione sociale in loro. I giovani rimproverano ai genitori di essere cattivi mussulmani e rifiutano l’islam dei genitori. “Cancellano la storia”, rifiutano la cultura, qualsiasi tipo di cultura, anche musulmana – ha aggiunto -. L’elemento principale della loro azione è che tutti muoiono, dal 1997/2000 quasi tutti si uccidono o si fanno uccidere. Per lottare contro questo nichilismo – secondo Roy – bisogna non lasciare la religione nelle mani dei radicali e offrire uno spazio di spiritualità all’interno di una società profondamente laicizzata».

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