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Amloki

E’ un piccolo frutto, la buccia verde chiaro, e la consistenza, fanno pensare a un chicco d’uva perfettamente rotondo. Sui mercati quasi non si trova, perché non può certo fare concorrenza con il mango o con i lichi, però i bimbi ne vanno alla ricerca. Lo infilano in bocca, mordono, strizzano gli occhi e storcono le labbra perché il succo è aspro e amaro; ma se non lo sputi subito – dicono – dopo un po’ ti lascia il dolce in bocca… Il “calciobalilla” – come si chiamava una volta – o il “calcetto” classico degli oratori di un tempo continua ad avere un successo strepitoso nella parrocchia di Mirpur, dove ogni tanto compaiono facce nuove, ragazzi e ragazze di altre scuole incuriositi dai racconti fantastici di quanto ci si diverta con questo gioco mai visto altrove. Purtroppo, i grandi ogni tanto decidono che hanno bisogno di un po’ di silenzio (ma che cosa mai se ne faranno del silenzio lo sanno solo loro…) e sequestrano le palline, a volte anche per due o tre ore di seguito! Che fare? L’altro giorno trovo un gruppetto di piccolissimi urlanti che giocano in punta di piedi per riuscire a vedere almeno una parte del campo. Sono accaniti, ma devono spesso interrompersi perché la pallina è molto piccola e i piedi dei calciatori non la raggiungono. Sembra una biglia di vetro un po’ malconcia, e io ora dovrei passare alla meritata punizione sequestrandola, ma mi viene un dubbio, e me ne vado lentamente, seguito da un inatteso silenzio. Poi una vocetta mi chiama: “Padre!”; mi volto indietro e vedo un bimbo che viene verso di me a mano tesa e mi offre il corpo del reato: “Lo puoi mangiare”. Ringrazio e mi allontano mentre il gruppetto riprende a parlottare. Poi, il più grande mi raggiunge e mi raccomanda: “Però prima lavalo…”

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