Asia Bibi di fronte alla Corte suprema
Asia Bibi è in carcere in Pakistan da circa 2.700 giorni con l’accusa di blasfemia contro l’islam. Giovedì 13 ottobre dovrà apparire di fronte alla Corte suprema di Islamabad, che nel luglio del 2015 ha sospeso la pena e disposto il riesame del caso.
Asia Bibi è ormai uno dei simboli della mancanza di libertà religiosa nel mondo. Madre di cinque figli (di cui uno disabile) cattolica, arrestata il 19 giugno 2009 nel suo villaggio di Ittanwali nella regione del Punjab, è accusata di aver offeso il profeta Maommetto e di aver bevuto a una fontana del villaggio riservata alle donne musulmane.
È condannata a morte in base alla legge sulla blasfemia introdotta nel 1986, contestata sia in patria che all’estero, non solo da parte dei cristiani. Ora la legge è diventata un’arma nelle mani dei violenti e dei fondamentalisti islamici. Asia Bibi si domanda: «Perché l’islam è diventato così intollerante, perché l’islam non è più l’islam? Facevo la domestica in una famiglia musulmana e mi curavo dei bambini. Erano persone tolleranti. Bevevano nel bicchiere che passavo loro, mangiavano nei piatti che lavavo e mi lasciavano libera la domenica per partecipare alla Messa».
Legate alla sua vicenda ci sono state altre due vittime. Sono stati uccisi il governatore (islamico) del Punjab, Salman Tasser, e il ministro (cattolico) per le minoranze Shabbaz Bhatti, che seppe accendere i fari dell’attenzione pubblica internazionale sulla giovane analfabeta di uno sperduto villaggio del Pakistan.
Su di lei, il giornalista Lorenzo Fazzini riporta nel giornale Avvenire quanto la poetessa e scrittrice libanese Khouri-Ghara scrive nel libro Le roman d’Asia Bibi: «Immagino che Asia voglia farla finita, ma sente un rumore di campane di una chiesa vicina che suonano a distesa… Dolcissima è, infine, e realistica, la tenerezza con cui segue l’evolversi della crescita dei suoi cinque figli, che da oltre sette anni sono senza la loro madre… Drammatiche le raccomandazioni che Asia Bibi (si immagina l’autrice o è realtà?) offre al marito per quando lei non sarà più: cambiare il cognome perché i figli non siano più riconosciuti e non subiscano la vergogna di essere nati da una mamma morta in prigione; cambiare città e andare il più lontano possibile da dove sono vissuti».
Il ministro cattolico Shabbaz Bhatti, ministro delle minoranze, incontrò la donna reclusa e le disse: «Tu vivrai». Tre giorni dopo il ministro morì assassinato. La scrittrice conclude: «Dubitare della parola di un martire è un sacrilegio».
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