Clima missionario del Novecento
Padre Gaetano Filippin lasciava il seminario diocesano di Treviso per entrare nel seminario missionario di Milano quando padre Paolo Manna (1872-1952), ora Beato, ritornato per malattia dalla Birmania (l’attuale Myanmar), si prodigava con tutte le forze a diffondere in Italia l’ideale missionario. Con il motto “Tutta la Chiesa per tutto il mondo”, animava anzitutto il clero, fondando “L’Unione missionaria del clero” (1916). Nacque l’Enciclica “Maximum illud”, la lettera apostolica che nel 1919 Benedetto XV inviava all’indomani del primo conflitto mondiale per imprimere nuovo vigore alla spinta missionaria della Chiesa.
Paolo Manna da Milano con i suoi scritti cercava di scuotere le coscienze. Nel 1912 incontrò a Treviso il compianto mons. Luigi Saretta, direttore del settimanale diocesano “La vita del Popolo” che da allora iniziò a presentare ai lettori il problema missionario. Missionari rientrati dalle missioni presentavano le loro testimonianze. Così un giovane, Piero Bonaldo, racconta gli inizi della sua vocazione: «Mi ricordo ancora la nobile figura di mons. Giovanni Menicatti, rimpatriato dalla Cina per malattia ed instancabile nel predicare la idea missionaria nelle città e nelle campagne. Rimasi incantato, nella chiesa parrocchiale di Scorzè, alla vista delle scene di vita missionaria che il simpatico vescovo proiettava con la lanterna magica e spiegava con calore, mettendo in tutti un grande fervore e suscitando nel cuore i primi germi della vocazione alle missioni».
Anche Angelo Roncalli, giovane prete bergamasco divenuto poi Papa Giovanni XIII, aveva conosciuto padre Paolo Manna. Patriarca di Venezia, nel discorso tenuto a Milano l’8 marzo 1958 in occasione del trasporto da Venezia a Milano della salma di un suo predecessore, mons. Angelo Ramazzotti, disse del Pime: «La creazione missionaria più insigne in terra d’Italia in quest’ultimo secolo».
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