Come un missionario trevigiano vede il centenario
Nel 2022 ricorre il centenario della presenza del Pime in diocesi di Treviso. Con questo scritto io desidererei cogliere l’occasione per ricordare l’impegno missionario del passato come stimolo a un impegno sempre più largo e condiviso.
Fare memoria di ciò che il Pime ha vissuto nel Triveneto dal 1922 rinserra i legami di famiglia; mette insieme i tanti parenti, amici, ex alunni che aiutati dal Pime hanno la passione per la missione e sono testimoni di Gesù nel loro ambiente, seguendo l’esempio di missionari che a volte hanno dato la vita per testimoniare Cristo in ogni ambiente umano.
Non è certo stato un caso, ma un disegno provvidenziale, che come vescovo ci sia stato a Treviso quel santo frate cappuccino di mons. Andrea Giacinto Longhin (1863-1936), ora Beato, che in tempi di ristrettezze ha sostenuto l’apertura di una presenza del Pime in diocesi. Da quegli anni in poi il movimento missionario, incoraggiato dai vescovi che gli sono succeduti, ha avuto una sempre più larga risonanza tra il clero e i fedeli e si è allargato alle altre diocesi del Triveneto: nel solo Pime, per non parlare di altri Istituti missionari, sono entrati e poi partiti più di 150 missionari. Poi sacerdoti di Treviso, Chioggia, Gorizia, Feltre-Belluno, Como si sono associati ai missionari del Pime in Africa, Asia e America Latina. I laici stessi, giovani e non più giovani, da un iniziale contributo con la preghiera, la simpatia, il sostegno economico, sono passati a un impegno personale andando nelle missioni.
Col Concilio Vaticano II si è avuto un ulteriore stimolo a questo impegno missionario di tutta la Chiesa. Alcuni anni dopo il Concilio, i sacerdoti diocesani in missione nel mondo erano circa 20 mila.
Tutti conosciamo il momento di difficoltà che la Chiesa italiana sta attraversando; celebrare il centenario e ricordare l’entusiasmo del passato, vorrebbe contribuire a rinnovare l’impegno missionario delle nostre Chiese.
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