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Icona decorativaIcona decorativa21 Gennaio 2018 Franco Cagnasso

Controversie fantasma

Dal 1967, a Tongi, a pochi chilometri da Dhaka, ogni anno si svolge, il secondo più frequentato pellegrinaggio del mondo islamico, noto come “Biswha Ijtema” (raduno mondiale). Non ci sono strutture stabili, solo una grande area sulle rive del fiume Turag, dove tutto viene organizzato in modo estremamente precario e povero. I pellegrini – (si dice siano oltre un milione) sono pronti ad affrontare freddo, sete, scomodità per viaggiare, dormire, mangiare, lavarsi… tutto, per trascorrere tre giorni ascoltando sermoni di “Maulana” famosi venuti anche dall’estero, pregare per la pace e per la diffusione dell’islam, vivere l’ardore e la fraternità del movimento di spiritualità “Tabligh Jamaat”, fondato in India nel 1927, che conta fra i 70 e gli 80 milioni di seguaci in 150 paesi del mondo. Il Bangladesh ne ha 15 milioni. Il pellegrinaggio si ripete due volte in due settimane, generalmente in gennaio, e ovviamente provoca non pochi ingorghi di traffico, blocchi, e altri inconvenienti – ma nulla di violento se non, qualche anno fa, vandalismi nella stazione di Tongi per i treni che non arrivavano. Già, i treni… in queste occasioni sono un boccone ghiotto per fotografi di costume: letteralmente coperti di persone attaccati da tutte le parti: sopra, ai fianchi e persino sotto i vagoni; ma anche mescolarsi, a piedi, nel fiume di persone, quasi tutti uomini che camminano spediti per chilometri verso la capitale dopo la fine dei tre giorni, è un’esperienza unica, che ha un suo fascino per il clima di fratellanza, zelo, gioia che si respira. Quest’anno però, qualcosa ha rischiato di andare storto. Non sapevo che al Tabligh Jamaat aderissero interi gruppi e movimenti, e fra loro tutta la lunga lista di “madrasse “Qawmi”, quelle ispirate e finanziate da paesi arabi conservatori, e dal movimento “Hefajat-e Islam”, che si è dimostrato capace di mobilitarne centinaia di migliaia di studenti e simpatizzanti per la “difesa” dell’islam – come dice il suo nome. Due giorni prima dell’inizio del primo “Ijtema”, il 10 gennaio, mentre l’aeroporto era già sotto pressione per l’arrivo di pellegrini esteri, s’è sparsa la voce che fra loro c’era anche il famoso predicatore indiano Maulana Saad, e che avrebbe parlato. La faccenda non è piaciuta a Shah Ahmed Shafi, capo di Hefajot-e Islam, il quale ha fatto sapere che Maulana Saad aveva recentemente pronunciato “affermazioni controverse” sul Corano e sulla Sunnah, e per questo non era gradito. L’aeroporto è stato subito bloccato da una folla immensa che non voleva lasciarlo uscire. Disagi e code inimmaginabili per quasi tutta la giornata, ma i manifestanti non mollavano, finché hanno saputo che Maulana Saad non poteva essere bloccato, perché già si trovava a Dhaka, e proprio nella sede centrale di Tabligh Jamaat, situata (tra l’altro) molto vicina alla cattedrale e alla casa dell’arcivescovo cattolico. La faccenda si complica: se bloccare l’aeroporto provoca grossi guai, bloccare quella zona di Dhaka per impedire al “controverso” di partecipare è peggio, una decisione foriera di guai pesanti. Interviene il governo, che in una riunione al ministero dell’interno persuade (così dicono i mezzi di informazione) Maulana Saad a stare zitto e non farsi vedere in giro. Ma che cosa aveva detto di “controverso”? I giornalisti dichiarano di non aver trovato nessuno che lo sapesse o che fosse disposto a dirlo…

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