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Icona decorativaIcona decorativa22 Settembre 2021 Franco Cagnasso

Credito

In una “scheggia” ho scritto qualche cosa sull’amico p. Giulio Berutti e il suo rapido“ passaggio da questo mondo al Padre” – come si esprime il Vangelo di Giovanni a proposito di Gesù che, consapevole della sua prossima morte, lava i piedi ai suoi discepoli durante l’ultima cena. Giulio nei suoi 50 anni in Bangladesh aveva molte volte gustato (magari, se andava per le lunghe, brontolando impaziente…) la cerimonia del lavaggio dei piedi agli ospiti, quando visitava i villaggi Santal; e con il suo servizio missionario aveva a sua volta lavato i piedi di molti, in tanti modi; senza ostentazione, con serietà e con profonda convinzione. Chi ne ricorda le attività non fa mancare un cenno alle “Credit Union”. In Italia, La Repubblica ha scritto cha p. Giulio si era ispirato al Bengalese Junus, che avrebbe “inventato” il micro-credito per aiutare i poveri. In realtà, i missionari in Bangladesh, sia gli americani della Santa Croce e altri, sia quelli del PIME, lo avevano praticato già molti anni prima che diventasse famoso, grazie al discusso Premio Nobel per la Pace Yunus, fondatore e direttore della Grameen Bank, una banca tutt’altro che “micro”…. È giusto considerare le “Credit Union” come una “specialità” di p. Giulio. Infatti, se diversi altri missionari hanno fondato o seguito “Credit Union” nelle loro parrocchie, Giulio ne è stato a lungo coordinatore diocesano ed “esperto”, e si è dedicato ad esse in modo forse unico: attenzione, tempo, studio, tanti viaggi in motocicletta con il freddo e con il caldo, e… arrabbiature innumerevoli: era convinto che ne valesse la pena. Non ho alcuna esperienza in questo campo; pensavo che si trattasse soltanto di una lodevole iniziativa di aiuto a persone molto povere, finchè anni fa mi “costrinsero” a tenere il corso di “Teologia Pastorale” al seminario nazionale. Essendo assolutamente digiuno in materia, e non sapendo che cosa insegnare, mi organizzai chiamando operatori pastorali di vario tipo, perché fossero loro – una lezione per ciascuno – a offrire agli studenti una panoramica di ciò che la Chiesa in Bangladesh sta facendo. Fra gli altri, invitai p. Giulio. Mi aspettavo un’esposizione “tecnica” delle Credit Union: organizzazione, criteri, problemi in un campo i cui risvolti pastorali e missionari non sono immediatamente evidenti. Invece, pur esponendo anche gli aspetti tecnici, Giulio andò dritto all’anima dell’iniziativa, offrendo una visione per me inattesa. Non ho ritrovato gli appunti che presi in quell’occasione, ma metto insieme qualche ricordo. Giulio disse che una spiritualità incapace di toccare gli aspetti pratici, anche economici e finanziari, della vita quotidiana, è per lo meno zoppa. Spesso tendiamo a fare dell’economia un settore distinto, in cui forse inseriamo la beneficienza, ma senza andare oltre. Ascoltandolo, ricordai un predicatore nostro amico venuto dall’Italia che azzardò per noi uno spunto di riflessione: “Vi ho sentito dire che diverse culture aborigene non danno spazio alla “previdenza”; vivono alla giornata, gustano il presente quando è bello e facile, e sanno sopportarlo con coraggio quando è duro e difficile, ma non pensano al futuro e si affidano all’improvvisazione. Le Credit Union invece formano alla previdenza. Non rischiate di distoglierli da un atteggiamento che, anche senza averne il nome, è evangelico? Gesù diceva: non preoccupatevi del domani, non accumulate… E voi insegnate il contrario? Pensateci.” Giulio, senza saperlo, diede la risposta: ci parlò delle Credit Union come un modo per organizzare meglio la vita, ricorrendo al risparmio e anche al credito senza diventare schiavi dello strozzinaggio che distrugge famiglie e villaggi interi, privandoli dei loro terreni e di ogni risorsa, lasciandoli in balia dei proprietari terrieri bengalesi. Ma disse chiaramente che c’era anche altro. In queste iniziative, infatti, vedeva una strada per far scoprire e praticare la solidarietà in modo nuovo, secondo le esigenze di una società che, adottando l’uso del denaro, dimentica le forme di collaborazione e solidarietà tradizionali: lavorare insieme nei campi, intesi come proprietà comune; aiutare, con il lavoro, il malato, la vedova, ecc. Una Credit Union è in qualche modo la traduzione moderna di questi atteggiamenti che erano una forma di “previdenza” e sostegno. Può funzionare – diceva – finché rimane su dimensioni limitate, un’associazione fra persone che si conoscono. Quando diventano grandi e anonime si trasformano in banche come altre, il loro valore educativo svanisce, e il povero rimane tagliato fuori. Le Credit Union educano al risparmio e al credito, stimolando la capacità di gestire bene quello che si ha, e la fiducia. La garanzia che chiedono non è formata da beni che il creditore potrà sequestrare a forza se il debito non verrà ripagato, ma consiste nella parola di un amico, parente, vicino di colui che chiede il prestito. Sarà lui o lei a garantire, se il debitore non ce la fa. Il controllo non avviene in base alle date stabilite, ma in base alla valutazione della situazione. Non tutto è facile, naturalmente, e la tentazione di prevaricare è forte. Spesso, la cultura dà tale importanza al rispetto per l’anziano e per la persona di prestigio nella comunità, che non tien conto della competenza, e nemmeno dell’onestà. Il cassiere è scelto per rispetto, e anche se approfitta della propria posizione, in molti casi verrà rieletto, per non opporsi ad una forma tradizionale di potere… Insomma, la Credit Union non è soltanto una bella trovata per aiutare l’economia, ma una proposta impegnativa di assunzione di responsabilità, un cammino educativo dove le delusioni non mancano. Giulio aveva anche avviato una forma di previdenza nel campo della salute, piaga aperta per i poveri del Bangladesh. I soci delle Credit Union e i loro famigliari, con una somma annuale poco più che simbolica, possono usufruire gratuitamente delle cure dell’Ospedale St. Vincent, a Dinajpur, di cui Giulio era direttore. Molti aderirono, ma dopo uno o due anni, se non avevano avuto bisogno di cure, spesso si tiravano indietro: “Non conviene, ho dato i soldi e non mi è tornato indietro nulla…” Non manca solo la previdenza per sé stessi, anche ma la solidarietà con gli altri… È difficile “fare il salto” di pensare al bene comune. Giulio era uomo di grande senso pratico e con i piedi per terra, ma sognava e ce la metteva tutta perché i poveri non si limitassero a farsi aiutare, o a cercare di uscire dalla povertà, ma si aprissero ad una solidarietà concreta.

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