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Icona decorativaIcona decorativa21 Febbraio 2011 Silvano Zoccarato

Dieci giorni con Charles de Foucauld a Beni Abbes

Continuo a essere fortunato. Le novizie delle Piccole Sorelle di Gesù stanno vivendo il noviziato proprio dove Charles aveva vissuto alcuni anni in attesa di entrare in Marocco. Da lì poi aveva sentito il richiamo di andare tra i tuareg a Tamarasset. Accanto alle Piccole Sorelle vivono anche tre Piccoli Fratelli che custodiscono l’eremitaggio di Charles de Foucauld sempre visitato da algerini e da stranieri. Proprio in questi giorni ho visto l’Ambasciatore di Spagna con la moglie, naturalmente massicciamente scortati da un esercito di polizia e di militari. Le Piccole Sorelle mi avevano invitato a passare con loro dieci giorni per dare un corso di catechesi sul tema: “I Sacramenti fanno del cristiano un’immagine di Gesù”.

La fortuna per me è stata di sentire presente il grande eremita Charles in quel luogo di silenzio e di preghiera. Lo auguro a tanti sacerdoti e a tutti. Questi Piccoli Fratelli e Sorelle oltre ai luoghi di Charles hanno ricevuto il dono per tutta la Chiesa di mantenere viva una presenza fraterna tra i mussulmani. Vi vedi tante cose appartenenti a Charles, ma il luogo dove lo senti adorare è quella chiesa di terra e di sabbia coi suoi dipinti.

Oltre a lui mi ha interessato come vivono i Fratelli e le Sorelle. Con loro fino a pochi anni fa aveva vissuto un certo son Ermete Sattoloni della diocesi di Nocera Umbria che dopo alcuni anni di parroco aveva voluto vivere a Beni Abbes, fattosi anche lui Piccolo Fratello assieme a Carlo Carretto. Leggete quanto scrive un suo amico prete, Alessandro Pronzato, venuto a visitarlo.

«Fratel Ermete manovra la cazzuola con disinvoltura e non ha certo paura dei calli alle mani. Si distinguono perfettamente quando innalza l’ostia, oppure apre le palme al “Padre Nostro”. Fanno un bel vedere.

Due giorni prima della mia partenza, è venuto a cercarmi nella cella, prima ancora di andarsi a rinfrescare. “Sai? Alessandro, oggi mi è successo un fatto curioso. Un manovale della mia squadra, durante la breve sosta di mezzogiorno, mi ha domandato all’improvviso: ‘Ermete, spiegami un po’ che cosa ha fatto di straordinario per te Gesù Cristo che lo ami tanto’. Non so se ti rendi conto…È la prima volta, in tre anni, che mi sento rivolgere una domanda sulla mia fede. Guarda che strano. Embé, che devo dirti, Alessandro? Sono contento”.

Non posso guardarlo negli occhi. Ma mi porto dentro l’avvenimento. Mi servirà, ne avrò bisogno, senza dubbio. Una parola su un argomento religioso in tre anni.

Penso ai nostri trionfalismi, alle nostre cifre, statistiche, registri, alle nostre “molteplici attività apostoliche”, all’ansia di vedere dei risultati, allo scoraggiamento per gli insuccessi, alle proteste contro l’indifferenza della gente e i tempi cattivi… “ma vale la pena di continuare cosi?”, “che cosa ci sto a fare in un ambiente come questo?”, “…per quel che ottengo..;”.

Ermete, invece, è felice. Ce l’ha fatta a piazzare una parola in tre anni. Un seme piccolissimo, invisibile, che “si perde” nella sterminata vastità del Sahara.

Può darsi, che fra tre anni, abbia la possibilità  di buttarne un altro in quel deserto immenso, terrificante e meraviglioso.

Lui è felice. Perché sa che il deserto fiorisce soltanto a questo prezzo della pazienza, dell’amore. Non ha tempo di controllare i risultati, Ermete. Deve lavorare. Domani partirà presto, come al solito. E, come al solito, si sarà alzato due ore prima, per pregare.

Non dimenticherà certo di mettersi sotto l’ascella il lungo sfilatino. Al silenzio c’è avvezzo. Al digiuno, no. A quello sono abituati soltanto i suoi compagni musulmani che però si mangiano quotidianamente il suo pane. E magari sono curiosi di sapere cos’è Gesù Cristo per Ermete, proprio perché vedono che cos’è Ermete per loro.

Ermé, non ha per caso un piccolo seme di pazienza da gettare nel mio deserto di tutti i giorni?».

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