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Icona decorativaIcona decorativa2 Gennaio 2023 Franco Cagnasso

Disabilità 1

Joyjoy ha già avuto l’onore di entrare in più di una scheggia. È un piccolo progetto che, a Dinajpur, si occupa di bambini con disabilità mentali di vario genere, e delle loro famiglie, a partire dalle mamme. Più volte ho accennato al fatto che, spesso, la presenza in famiglia di una persona con disabilità è motivo di emarginazione, pregiudizi negativi, vergogna, tentativi di nascondere questa realtà agli occhi degli estranei. Le eccezioni ci sono, e ho scritto anche di quelle, raccontando qualcosa della famiglia di Mim, e dell’affetto di cui questa bimba è circondata da parte di genitori e fratelli. Ora prendo qualche spunto dal rapporto semestrale di Joyjoy, che Naomi, missionaria laica giapponese e perno di questo progetto, ha mandato in copia anche a me. Presento qualche breve profilo di bambini, e di mamme; i nomi sono di fantasia, persone ed eventi sono reali. Figli, madri, nonne. La prima volta che andammo a trovare Rakhib, lo trovammo legato per una gamba ad un palo di sostegno della casa. I vicini lo chiamavano “pagol” – “pazzo”. Quando gli si metteva davanti il piatto, non prendeva il cibo con la mano, ma si tuffava con la bocca sul mucchio di riso; non sapeva usare il bagno, si sporcava continuando a camminare… La mamma, non sopportando le violenze del marito drogato, si era rifugiata, con lui e un’altra figlia più piccola, presso un fratello maggiore, e guadagnava qualcosa facendo la domestica. Dava l’impressione di essere come indurita dalle difficoltà della vita, indifferente ai figli; quando le proponemmo di occuparci un poco di Rakhib ci disse: “Fate quello che volete, e come volete: io non posso fare altro che tenerlo legato.” I primi tempi non furono facili per chi se ne occupava, ma pian piano gli insegnammo a portare il cibo alla bocca. È con noi da oltre cinque mesi e ha imparato a chiamarci con una singola parola, “ushai”, quando ha bisogno di andare in bagno. La mamma non dice molto. Spesso lo lega al palo quando lo accompagniamo a casa. Ma recentemente ha comprato per lui camicie e calzoni nuovi, e ci ha fatto felici. Bonna è stata accolta come una “eccezione” perché Joyjoy è per i bambini, ma Bonna è una giovane di 22 anni. Sette o otto anni fa, dopo uno stupro subito da un vicino, entrò in depressione; non parla e non sorride mai. Di famiglia indù povera, i suoi riuscirono a far condannare il suo aggressore, che è in prigione, e tornerà libero fra qualche anno. L’abbiamo invitata a venire a Joyjoy per giocare con i bambini. Suo padre, molto anziano, le vuole bene, e nonostante abbia difficoltà a camminare, l’ha accompagnata personalmente. Con i bambini, Bonna riuscì a sorridere, e la invitammo a venire una volta la settimana a mangiare con noi. Ma non si fermava a lungo, e anche questo piccolo diversivo non basta certo a farla migliorare. Avrebbe bisogno di cure, anche mediche, appropriate. Rifiuta ogni medicina, ma mostra di accogliere volentieri le nostre visite, e noi continuiamo ad andarla a trovare regolarmente… Ridoy è un ragazzo di 14 anni, affetto da paralisi cerebrale. Aveva 5 o 6 anni di età quando la mamma lo abbandonò e se ne andò di casa. Dopo due anni il padre si risposò, ma dopo un mese anche lui se ne andò, con la seconda moglie, facendo perdere le tracce. La nonna si prese cura di Ridoy, ma non poteva prestargli molta attenzione perché doveva lavorare presso due famiglie da mattino a sera. Ridoy rimaneva solo tutto il giorno; si distraeva sbirciando attraverso una fessura nel cancello di ferro… La madre non si rifece viva, ma con qualche trucco riuscì a fare assegnare a sé il sussidio governativo dovuto a Ridoy per la disabilità, andando avanti a riscuoterlo e tenerlo per sé, per otto anni. Solo recentemente la nonna è riuscita ad ottenere che il sussidio venga mandato a lei. La nonna si era anche interessata di una vecchia sedia a rotelle che apparteneva a un bambino disabile morto qualche tempo prima, ed era riuscita a farsela dare. La sedia è l’unico attrezzo che in qualche modo risponde alle necessità di Ridoy. Bisogna dire che è stata la mamma ad avvisarci della situazione di Ridoy, mentre la nonna ha accolto volentieri la nostra proposta di assistenza. Continua a prendersene cura, e speriamo che il nostro aiuto possa migliorare la situazione del ragazzo, e anche la sua. Franco Cagnasso 31.12.22

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