Discepoli di Gesù in Algeria
Benedetto XVI ha detto che nell’Anno della fede possiamo vedere il volto di Gesù anche nel povero, nel debole, nel sofferente. La Chiesa in Algeria vive la sua fede nei vari modi della sua presenza e dei suoi servizi.
Ecco come considerava il suo vivere da cristiano in Algeria il vescovo di Orano, Pierre Claverie, ucciso durante gli anni del terrorismo islamista. Uno dei 19 martiri di questo Paese. «Essere cristiano significa essere presente non con una etichetta, o come facente parte di una ambasciata o in un ghetto, ma in una continua relazione quotidiana con ogni persona che vive in Algeria. Attento all’altro, rispettoso, con la passione e la simpatia dell’altro e della sua differenza culturale».
Il cardinale Etienne Duval, arcivescovo di Algeria che veniva chiamato anche lui Mohammed per la sua lotta contro la tortura, diceva : «Chiesa estatica: trovarsi ed esistere fuori di se stessa, scoprendo, discernendo le tracce di Dio nella storia e nella vita dell’altro. Riconoscere e valorizzare la dignità dell’altro. Non imporsi ma donarsi per servire il progetto dell’altro. Accettare la propria povertà come ospite, spogliato di quanto aveva e lasciarsi amare. Accogliere l’aiuto dell’altro, il consiglio, l’orientamento che nascono da una condivisione di vita e di vera comunione».
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