Dove andiamo? (2)
Ultimi giorni di luglio. Sul bordo della strada che mena all’aeroporto, una ventina di studenti delle superiori aspetta l’autobus. Il quale arriva, come sempre, per non perder tempo, non si ferma del tutto, e meno ancora sul bordo, ma in mezzo alla strada e costringe gli studenti a schizzare in avanti per salire. Arriva un altro autobus della stessa compagnia, come al solito sorpassa sulla sinistra (qui la guida dovrebbe essere sulla sinistra, quindi il sorpasso dovrebbe essere sulla destra), travolge i giovani uccidendone due e ferendone gravemente nove. I testimoni diranno poi che i due autobus, più un terzo, stavano facendo una corsa fra loro per raggiungere prima i punti di imbarco dei passeggeri. In un baleno la notizia corre fra le numerose scuole della zona e gli studenti s’infuriano. Bloccano la grande strada, vandalizzano bus e auto, picchiano alcuni autisti. Sembra una fiammata di rabbia come spesso ne avvengono, ma gli studenti dichiarano di averne abbastanza, e nei giorni seguenti inventano un’originalissima forma di protesta. Si distribuiscono in alcuni punti chiave di Dhaka e altre città, per dirigere il traffico secondo le regole. Fermano i mezzi, esigono di vedere le patenti e altri documenti, se non sono in regola fanno parcheggiare il mezzo e mandano a piedi l’autista (con i passeggeri); fanno osservare i semafori, rispettare gli stop… cose incredibili! Dapprima, quasi tutti sorridono, e la gente incoraggia i giovani, offrendo gelati e applausi. Il governo promette “punizioni esemplari” agli autisti indisciplinati, ma le leghe degli autotrasportatori non gradiscono e proclamano uno sciopero. Primi pestaggi. Tornano le “squadracce”, questa volta meglio camuffate per far finta di non essere chi sono. Attacchi, in qualche caso contrattacchi degli studenti – e/o degli infiltrati. Il governo invita gli studenti a tornare alla disciplina di prima (!?!); proclama anche una “Settimana del traffico” in cui gli agenti della strada faranno pubblicità alle regole e saranno severissimi. La Primo Ministro visita in ospedale i feriti – solo quelli del suo partito. Anche per questo movimento, accuse di strumentalizzazioni, diffusione di notizie false, e di post “provocatori” e antigovernativi. Ripartono gli arresti. La protesta si disperde e spegne. Il traffico torna “normale” e i morti si contano di nuovo come prima.
La diffusione di notizie false è reato punibile, da qualche tempo (la falsa testimonianza in tribunale non lo è…). Per criticare il governo, bisogna parlare di errori e comportamenti negativi. In altre parole, per criticare il governo bisogna diffondere notizie false – reato punibile. Ma perché inventare notizie false? Certamente perché “some vested quarters” (alcuni particolari ambienti) hanno interesse a farlo, interessi biechi. Anzi, non c’è dubbio che facciano parte di complotti per distruggere la democrazia e per fare spazio ai nemici della patria, quelli che si sono opposti all’indipendenza. Ma questo è inammissibile, e chi lo faccia, fosse pure un’attrice famosa che difende gli studenti, o un fotografo rinomato nel mondo, o un luminare degli studi legali, che ha combattuto per l’indipendenza, va duramente perseguito.
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