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Due giorni ad Ambam

DLunedì e martedì 7 e 8 gennaio, con i cinque diaconi di Treviso e il loro rettore abbiamo visitato alcuni luoghi dove i preti fidei donum di Treviso e i missionari del Pime hanno vissuto trent’anni di missione. Ritornarvi per me dopo la prima visita fatta con mons Squizzato, direttore dell’ufficio missionario di Treviso, nel 1968, è stata una emozione profonda.

A Ma’an, nella chiesa costruita da padre Mario Bortoletto, abbiamo pregato sulla sua tomba assieme al parroco e ad alcuni cristiani che hanno dato le loro testimonianze precise e calorose. Non solo padre Mario, ma anche gli altri missionari che hanno lavorato nella zona, sono ancora vivi per la loro vita e il loro operato nel ricordo e nell’affetto riconoscente dei sacerdoti (alcuni accompagnati in seminario da padre Mario) e dei cristiani. Vedendoci, erano tutti commossi e contenti di sentirci ancora con loro.

Ambam è il capoluogo della regione dello Ntem, fiume che raccoglie le tante acque delle piogge abbondanti e le conduce a Kribi nell’oceano, attraversando una foresta densa e a volte soffocante. Ambam è sede dell’antica parrocchia, un tempo unica, ora suddivisa in 18 parrocchie. Vi abbiamo celebrato l’Eucaristia e poi pregato sulla tomba di padre Giovanni Belotti del Pime, il primo ad arrivare e a mettersi a studiare la lingua del luogo, dopo gli anni vissuti in Birmania. Morì in un incidente stradale e ora è ricordato come il patriarca dei missionari e dei cristiani.

Accolti dal parroco, l’abbé Luc e dalle Missionarie dell’Immacolata con gioia e generosità, abbiamo riascoltato i nomi di missionari, catechisti e cristiani che insieme avevano reso viva cristianamente la zona. Va riconosciuto anche lo spirito missionario delle suore che sono rimaste presenti e molto attive, anche dopo la partenza dei missionari di Treviso e del Pime.

A Meko’si, primo luogo di servizio missionario di padre Mario e poi mio  e di altri,  la festa è stata grande con danze tradizionali, celebrazione solenne, visita alla scuola e preghiera sulla tomba del catechista Teodoro. Anche qui, il parroco, l’abbé Vincent, e i cristiani, non nascondevano l’emozione nel vedere giovani italiani con il rettore danzare con loro e sentirli vicini, come lo erano stati padre Mario e i missionari. Veramente la missione crea e alimenta la vitalità della “Famiglia dei figli di Dio”. Tale vicinanza riempie la vita e ci incoraggia.

Nel ritorno, piccolo stop per riempire le due macchine di doni della parrocchia di Meyo Centre dove l’abbé Nestor, altro figlio spirituale di padre Mario è parroco. Il senso della figliolanza e della paternità spirituale resta forte nei sacerdoti africani e nei missionari fino a diventare senso di responsabilità e fedeltà daello spirito sacerdotale e missionario, che continua anche in chi – per debolezza, salute o età – resta in Italia e col suo rosario continua a camminare in foresta e canta e danza in cuor suo.

Arrivati a Ebolowa, ci siamo trovati ospiti nella casa dei sacerdoti diocesani; alcuni di loro sono allievi di don Giuliano a Venezia, cresciuti alla scuola del comasco don Gianni Allievi. Quindi, ci siamo sentiti a casa nostra, anche in Africa. Per strada i due cristiani che mi accompagnavano, Bruno, l’autista, e Mbo’meyo di Meko’si non facevano che dire: «Dio è grande! Dio continua ad accompagnare i missionari». E noi, incoraggiati dalla fede e dall’affetto degli africani, possiamo dire: «Dio è grande! E il mondo è piccolo e vicino». 

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