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Export di armi: l’Italia tra i quattro Paesi che crescono di più

Secondo i nuovi dati del Sipri l’industria bellica italiana nel quinquennio 2011-2015 ha esportato il 48% in più rispetto ai cinque anni precedenti. Restiamo l’ottavo esportatore mondiale con Emirati Arabi Uniti, India e Turchia come nostri maggiori clienti
  Il Sipri di Stoccolma – l’osservatorio internazionale più autorevole sul commercio delle armi nel mondo – ha diffuso oggi i nuovi dati sui Trend nel commercio internazionale delle armi aggiornati a fine 2015. Il dato principale del rapporto (purtroppo non sorprendente) è quello su un aumento generale dei volumi: le stime del Sipri si basano su quinquenni, per evitare che una singola grande commessa alteri il dato complessivo. Ebbene il dato generale sulle vendite «ufficiali» di armi nel quinquennio 2011-2015 risulta del 14% superiore rispetto a quello dei cinque anni precedenti, con l’Asia e il Medio Oriente come maggiori acquirenti. Ma è andando a vedere nel dettaglio questi dati che emergono alcuni aspetti significatrivi che riguardano il nostro Paese. L’Italia resta un produttore significativo alle spalle dei due giganti Usa e Russia che da soli si dividono il 58% del mercato mondiale. Il nostro Paese resta all’ottavo posto nella classifica dei maggiori esportatori di armi nel mondo, con una quota complessiva del 2,7% del mercato (era il 2,1% nel quiquennio 2006-2010). Ma a balzare all’occhio è soprattutto il dato sulle variazioni: dai dati del Sipri risulta che l’Italia nell’ultimo quinquennio ha aumentato del 48% il volume delle sue vendite di armi nel mondo. Come si vede dal grafico riportato sopra «meglio» di noi hanno fatto solo Cina, Spagna e Ucraina. Dove finiscono queste armi «made in Italy»? Un’altra tabella fornisce il dato su quelli che ne quinquennio 2011-2015 sono stati i primi tre importatori, per ciascuno dei dieci maggiori produttori. Per quanto riguarda l’Italia al primo posto ci sono gli Emirati Arabi Uniti dove vanno a finire il 10% delle armi esportate dall’Italia, seguono l’India (l’8,8% – dato che il caso dei due marò aperto dal 2012 non ha affatto scalfito) e la Turchia (8,2%).  

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