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Gesù è venuto per abbattere le barriere

Carissimi, a Sotto il Monte nella casa di Papa Giovanni, ho la gioia di esercitare il sacramento della Riconciliazione e vedo che tanti si accostano e si accostano con fede. E ho il tempo di penetrare nel pensiero di Papa Giovanni. Con lui in questo clima pasquale, vi auguro la gioia di essere persone di pace e di bontà. Per capire Papa Giovanni è necessario entrare nella spiritualità assorbita durante l’adolescenza e poi rigenerata nella quotidianità di ogni esperienza, primariamente come fiducia in Dio e nell’uomo sua immagine. Chi insegue questo filo scopre che tale spiritualità si teneva “sempre con Dio e con le cose di Dio” nella consapevolezza di una fraternità universale che preferisce innalzare ponti piuttosto che barriere. Papa Giovanni si lasciò condurre verso una grande apertura e a guardare lontano. Nel messaggio lasciatoci dal pontefice sul letto di morte troviamo il sigillo del suo percorso esistenziale : “Ora più che mai, certo più che nei secoli passati, siamo intesi a servire l’uomo in quanto tale e non solo i cattolici, a difendere anzitutto e dovunque i diritti della persona umana e non soltanto quelli della Chiesa Cattolica. Non è il vangelo che cambia : siamo noi che incominciamo a comprenderlo meglio (…)  E’ giunto il momento di riconoscere i segni dei tempi, di coglierne l’opportunità e di guardare lontano”. Durante il tempo passato in Bulgaria, Turchia e Grecia, vedeva i passi di un lento cammino verso l’unità: “Tutto serve al bene, alla carità. Il Signore farà a suo tempo l’unione e la farà trionfare nella Chiesa sua. Le traiettorie dei popoli son lette dentro un piano divino di salvezza del mondo. Le barriere che devono cadere nell’utopia di una fraternità universale si spingono agli steccati che separano gli ebrei e i musulmani. Le sagome dei minareti, le facciate delle madrase (scuole), le voci dei muezzin, i ricordi del ramadan, la conoscenza di pratiche islamiche ormai in decadenza restano di fatto il mistero irrisolto o la realtà di questi anni”. Di fronte alle resistenze al dialogo, Angelo Roncalli, vivendo nei paesi islamici, esortava a vivere la logica del Vangelo: “Comprendo bene che diversità di razza, di lingua, di educazione, contrasti dolorosi di un passato cosparso di tristezze, ci trattengono ancora in una distanza che è scambievole, non è simpatica, spesso è sconcertante. Pare logico che ciascuno si occupi di se, della sua tradizione familiare o nazionale, tenendosi serrato entro il cerchio limitato della propria consorteria come è detto degli abitanti di molte città dell’epoca di ferro, dove ogni casa era una fortezza impenetrabile, e si viveva sui bastioni o nei propugnacoli. Miei cari fratelli e figlioli: io debbo dirvi che nella luce del Vangelo e del principio cattolico, questa è una logica falsa. Gesù è venuto per abbattere queste barriere, egli è morto per proclamare la fraternità universale; il punto centrale del suo insegnamento è la carità, cioè l’amore che lega tutti gli uomini a lui come primo dei fratelli e che lega lui con noi al Padre”. A chi consigliava “al buon cattolico” di non esagerare “nella libera espansione dell’anima nella comunicazione della verità e della grazia ai propri fratelli”, Papa Giovanni diceva : “C’è tutta una infinità di rapporti e di contatti che sono in piena conformità alle leggi del paese e che permettono in un orizzonte di riconosciuta libertà individuale, molteplici possibilità di trasmettere il messaggio divino”.    

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