Il culto dei santi e i segni del sacro
Arrivando in un villaggio nel Maghreb, quasi sempre incominci a notare da lontano una piccola cupola bianca. È la kubba: piccolo edificio cubico sormontato appunto da una cupola che custodisce il sepolcro di un personaggio stimato o venerato. In Occidente alcuni chiamano erroneamente la kubba col nome di marabut invece di murābiṭ, o marabutto, che indica un sufi che si ritirava in un ribāṭ, sorta di eremo eretto in aree non abitate e spesso lungo i confini delle aree islamiche, per condurvi vita monastica di meditazione, difendendo al contempo la dār al-Islām, il territorio sottoposto alla legge islamica. Generalmente le kubba sono mèta di pellegrinaggi per ottenere la baraka, cioè la “benedizione”, la fortuna, la buona sorte.
Si tratta di luoghi di venerazione da parte della comunità tanto da legittimare la definizione di islam devozionale che ha una sua forma fortemente differenziata da quella dell’Islam istituzionale. Il ricorso a una formula devozionale è stato dettato dalla necessità di reclamare, in modo privativo, il legame religioso globale, quindi di contrassegnare la sfera pubblica con il sigillo dell’intimità. La credenza nel santo o nella santa dotati di barakāh (sorta di benedizione divina) è diffusa soprattutto nelle società rurali. La barakāh si trasmette ereditariamente: o per via familiare o di affiliazione.
L’antropologo franco-algerino Jacques Berque nel 1955 scriveva che non vi è niente di più comune in Nordafrica di queste cupole bianche lungo i fiumi, sulle alture, in mezzo alle pianure, insomma, ovunque il connubio tra paesaggio e storia promuova un segno del sacro. Il viaggiatore non può restare insensibile ai valori toccati. Attivo e pittoresco è il messaggio archeologico di questi luoghi. luoghi di rito, luoghi di slancio per così dire, a cui bisogna aggiungerne altri, più umili, meno panoramici, ma infinitamente più numerosi: grotte con leggenda, alberi con nodi, semplici recinzioni in pietra. Migliaia di luoghi, insomma, dove il sacro in tutte le sue le forme, dalle più semplici alle più elaborate, segnano l’antica terra del Maghreb.
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