Io, musulmana, ho incontrato Gesù…
«Proveniente da una famiglia musulmana e vivendo in una società musulmana, il prossimo che avvicino è musulmano. Sono cristiana per grazia di Dio. Lo sono perché Dio è venuto a incontrarmi; mi ha chiamato e l’ho seguito. Incontrando Gesù ho trovato un tesoro e questo ha prodotto in me una gioia che mi ha riempita e che desideravo condividere con quelli che vivevano con me. Ero come Andrea che dopo aver incontrato Gesù andò a trovare suo fratello Simone per annunciargli di aver trovato il Messia. Volevo condividere la mia gioia coi membri della mia famiglia, ma subito mi accorsi del pericolo in cui incorrevo, cioè di essere esclusa, rigettata, perseguitata.
Allora ho nascosto la mia fede, mi sono rinchiusa in me per paura della reazione dell’altro. L’altro è mio fratello, mia sorella, il mio prossimo, il musulmano che non accetta che un altro cambi di religione e vede questo come un tradimento contro Dio e la comunità musulmana. Ciò proviene dalla sua convinzione di essere nella verità totale e che l’altro è nell’errore, che l’islam è l’ultima delle religioni e che il suo profeta è l’ultimo dei profeti. Qualcuno della mia famiglia mi disse: “Farò di tutto per farti uscire da questa situazione, da questo indottrinamento”. Altri: “È mancata una buona relazione tra noi”. Mia sorella mi ha nascosto il passaporto perché non lasci il Paese e non diventi cristiana. Ero diventata una persona che bisognava salvare dal baratro in cui era caduta. Ma mio padre profondamente credente e timoroso di Dio, quando gli dissi: “Ora credo in Dio con l’aiuto del Vangelo e della Bibbia”, mi disse: “Lo so, continua a farlo, ma dovresti anche leggere il Corano”. La sua saggezza e la sua fede nel Dio Creatore gli hanno permesso di vedere il mio avvicinarmi a Dio come una cosa più grande e la sua parola non è stata un rifiuto. Un’amica ha voluto incontrarmi e chiedermi: “Sei sicura d’essere nella verità? Chi prende una religione diversa dall’islam non è accettato da Dio”. Me lo diceva con le lacrime e con una tale convinzione che mi sono sentita scossa nella fede. Ora frequentare la Messa e nutrirmi dell’Eucaristia, là dove abito, è sempre una lotta interiore. Ma Gesù mi accompagna e nel mio dubbio sento che Gesù mi dice: “Chi guarda indietro, non è degno di me”. E ritrovo la forza dicendogli: “Signore, tu sei qui, ho fiducia in te, è per te che vado avanti, con te vado avanti, tienimi per mano”.
Debole nella mia poca libertà d’azione, accetto la difficoltà e faccio attenzione a ciò che dico per non scuotere l’altro senza negare la mia fede in Gesù. Non penso di convertire l’altro, ma nella discrezione desidero poter vivere col mio prossimo nel rispetto delle differenze e nella gioia d’essere insieme. Prego spesso per i miei fratelli musulmani perché possano incontrare Gesù, il Salvatore: “Donaci Signore la tua saggezza e il tuo Santo Spirito perché ciascuno possa fare la tua volontà”.
Vivo senza paura perché non ci si può fare del male tra gente che crede in Dio, anche se non abbiamo e non condividiamo la stessa fede e le stesse convinzioni. Gesù ci dice: “Vi riconosceranno miei discepoli per l’amore che vivrete tra voi”. Ebbene, posso vivere l’amore vero e sincero anche col mio fratello musulmano, con mia sorella musulmana, lo stesso che vivo col mio fratello cristiano e con mia sorella cristiana».
N. Meriem, estratto da L’écho de Constantine
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