Khalti Colette
Ecco la bella testimonianza dell’amica Hacina su suor Colette Calle, religiosa marista.
«Suor Colette era arrivata in Algeria nel 1963 e aveva vissuto tutta la sua vita come infermiera. Ci siamo conosciute nel 1991 nella casa della famiglia Meddah, dove la madre aveva partorito due gemelle. Una di loro Meberika era handicappata. La suora incoraggiava i parenti e organizzava la cura della bambina, altrimenti destinata a morire. Contagiava tutti col suo entusiasmo e con la sua determinazione. Meberika diventò un membro completamente attivo nella famiglia.
Diventammo amiche. Lavorava tutta la settimana e i giorni di riposo li spendeva a cercare, camminando a lungo nel deserto, i bisognosi di vaccinazioni. Sempre col sorriso, non rinunciava di fronte alle difficoltà. Era tutta immersa nel suo lavoro d’infermiera e mi stupiva per i ritmi che si imponeva e per la semplicità del suo tenore di vita. Dava tutta la sua vita, la sua energia. Le donne l’adoravano. Ognuna di loro si riteneva sua amica e nella miseria sociale o nei conflitti familiari, ognuna aveva in lei una spalla per appoggiarsi a piangere e un braccio solido sul quale aggrapparsi per stare in piedi.
Fu lei a propormi a lasciare l’insegnamento e di occuparmi di un’Antenna dell’Ufficio nazionale per gli handicappati. Insieme riuscimmo a recensire gli handicappati della zona. Dialogavamo a lungo e in profondità sulle nostre fedi rispettive e mai questo ci ha separate, anzi avvenne il contrario. La fede, il dono e la preghiera. Questa la sua vita, ritmata dalla meditazione. Tanta gioia, risate, risate pazzesche attorno a lei. Negli anni neri eravamo unite nei laboratori di ricamo, di cucito e di cucina. Presso di lei e Yolanda, la sua consorella, potevamo dimenticare per qualche ora la violenza che imperversava fuori. I miei figli chiamano le mie sorelle khalti, zia. Anche lei era khalti Colette! È vero! Mia sorella Colette ha raggiunto colui al quale aveva consacrato la sua vita e i miei figli hanno perso una zia».