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La carità

Sono stato oggetto di tante gentilezze e a volte le attribuivo a un senso di gratitudine per le buone relazioni vissute con chi mi ha preceduto o per i piccoli servizi che rendevo. Ma approfondendo il dialogo e la conoscenza dell’ambiente, ho trovato il grande valore della carità vissuto normalmente dalla gente. Alcune donne mi raccontano che quando preparano un buon pranzo, pensano subito a portarne una parte a qualche vicino, preferibilmente a un povero. Quando vanno al cimitero, portano sempre qualcosa da mangiare ai poveri o, in mancanza di cibo, danno un’offerta.  In momenti di necessità la carità è come una medicina. Durante il Ramadan, i gesti di carità sono frequenti e la grande festa conclusiva diventa meravigliosa per la condivisione e le relazioni riannodate. L’elemosina è uno dei cinque obblighi principali del credente e si attua nella forma obbligatoria (zakat) e quella volontaria (sadaqa). Alla base c’è l’idea che il padrone di tutto resta il Creatore e l’uomo è solo amministratore dei beni ricevuti. Nel Dizionario del Corano di Mohammad Ali Amir-Moezzi, trovo le seguenti spiegazioni sotto la voce Sadaqa (elemosina): «L’uomo pio è descritto come “colui che dà i suoi beni facendo elemosina”. Questo ha valore di purificazione e di accrescimento. L’elemosina purifica i beni e l’anima e il merito che da esso deriva si moltiplica nell’Aldilà. La distribuzione dei beni è prima di tutto un dono che l’uomo fa alla propria anima proteggendola contro la sua avarizia». (64,16). «Prospererà chi si purificherà, il nome del Signore ripeterà, pregherà». (87, 14-17). Il Corano associa costantemente la preghiera all’elemosina. «La pietà non consiste nel volgere la faccia verso l’oriente o l’occidente ma è quella di chi crede in Dio, e nell’ultimo giorno, e negli angeli e nel libro e nei profeti, e dà dei suoi averi, per amore di Dio, ai parenti e agli orfani e ai poveri e ai viandanti e ai mendicanti e per riscattare prigionieri, è quella di chi compie la preghiera e paga la decima» (2,177). Il saggio Al Abshihi (m 1446) scrisse: «Gesù ha detto: Chi manda via un mendicante lasciandolo deluso, gli angeli non faranno visita a quella casa per sette giorni».

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