La fede forma la fraternità
Nell’enciclica Lumen fidei di Papa Francesco trovo testi molto belli sul tema della fraternità universale. Eccone alcuni: «Assimilata e approfondita in famiglia, la fede diventa luce per illuminare tutti i rapporti sociali… Occorre tornare alla vera radice della fraternità… Nel procedere della storia della salvezza, l’uomo scopre che Dio vuol far partecipare tutti, come fratelli, all’unica benedizione, che trova la sua pienezza in Gesù, affinché tutti diventino uno. L’amore inesauribile del Padre ci viene comunicato, in Gesù, anche attraverso la presenza del fratello. La fede ci insegna a vedere che in ogni uomo c’è una benedizione per me, che la luce del volto di Dio mi illumina attraverso il volto del fratello… Grazie alla fede abbiamo capito la dignità unica della singola persona». [54]
Così disse Giacobbe quando incontrò il fratello Esau: «Vedere te… è come vedere il volto di Dio».
Interessante è la stretta relazione tra il fratello e Dio. Questa relazione è fondata sulla realtà di Dio padre e creatore e quindi si amplifica fino a comprendere tutti in una sola famiglia, in un solo popolo. Dio diventa un catalizzatore universale.
Ciò non appare sempre evidente, ma lo possiamo supporre, anche quando c’è una fratellanza che supera barriere di culture e di religione.
Dopo l’attentato di Ain Amenas (Algeria) in cui morirono molti algerini e operai stranieri, un algerino che aveva salvato tre stranieri mi racconta: «Finalmente, eccoci all’aeroporto. Da lontano vedo uno che avevo salvato. Lascio i bagagli e corro. Ci siamo abbracciati a lungo davanti a tutti. Non faceva che dirmi: “Non ti dimenticherò mai!”. Piangevamo. E così tutti quelli che aspettavano l’aereo, algerini, stranieri, tutti esultavano di gioia. Ci sentivamo tutti fratelli».
Il rapporto con Dio in ambiente musulmano è sottinteso. Ma c’è anche il caso in cui la religione crea ostacoli. Una ragazza camerunese cristiana diceva continuamente “fratello” a un giovane musulmano. Costui si distaccò dicendole: «Amico, sì, fratello no, perché non preghi come me».
Allora mi chiedo di quale fraternità parli Papa Francesco quando tratta di fraternità che procede dalla fede e che unisce tutti i popoli. Gesù aveva detto: «Miei fratelli sono coloro che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica». Allora la fratellanza, secondo Papa Francesco, vive della Parola di Dio, vive di Fede, impegna tutta la vita, è di un amore totale.
Altra domanda. Quando Tawadros II, patriarca copto-ortodosso, ha incontrato a Roma Papa Francesco e lo ha invitato in Egitto, ha anche proposto che il 10 maggio di ogni anno si celebri «la festa dell’amore fraterno» tra le due Chiese. Ma questa festa sarà un semplice incontro emotivo o una vera celebrazione di fraternità di fede e di comunione profonda? E sarà poi aperta e condivisa dai membri di altre religioni… perché si realizzi il piano di Dio?
Allora la fraternità di cui parla Papa Francesco deve essere capita, desiderata, pregata perché possa trasformare le persone e il mondo intero.
Ci incoraggia Giovanni Paolo II che dopo l’incontro contestato d’Assisi del 1986, affermò:
«Possiamo in effetti ricordare che qualsiasi preghiera autentica è suscitata dallo Spirito Santo, che è misteriosamente presente nel cuore dell’uomo. È ciò che si è visto anche ad Assisi: l’unità che proviene dal fatto che ogni persona è capace di pregare, cioè di sottomettersi totalmente a Dio e di riconoscersi povera davanti a lui. La preghiera è uno dei mezzi per realizzare il disegno di Dio tra gli uomini».
Bellissima questa testimonianza di Giovanni Paolo II. Lo Spirito Santo lavora nel cuore di chi prega autenticamente e forma il fratello universale.
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