Malattia
La scheggia “Pasqua”, qualche settimana fa accennava a una giovane mamma che aveva rischiato di morire per appendicite, non avendo risorse per farsi operare. Ecco un commento che ho ricevuto:
Caro padre Franco, tu fai bene ad evidenziare il segno pasquale di una persona guarita dalla sua infermità, proprio come nel Vangelo vediamo tante volte operare Gesù.
Però, a me sembra che sia giusto, se non necessario, evidenziare anche l’iniquità di un sistema in cui i medici sono sostanzialmente pronti ad uccidere (perché lasciar morire una persona che si potrebbe salvare non è diverso da ammazzarla) i pazienti che non possono pagare. Quante altre (…) persone sono morte in questi giorni perché nessuno poteva e voleva pagare? Davvero non c’è nessuna altra spesa meno urgente a cui il Bangladesh potrebbe soprassedere per salvarle? Un abbraccio. Mario
Caro Mario, la malattia in Bangladesh è una tragedia per milioni di persone. Un sistema di assistenza sanitaria nazionale c’è per alcune categorie: i militari, che hanno ottimi ospedali; i “Combattenti per la libertà” (i nostri “partigiani”) nella guerra del 1971, che ricevono cure gratuite; il personale politico di alto livello, alcune categorie di dipendenti statali. C’è anche un’assistenza fornita da strutture: ospedali statali dove, pagando un “ticket” alla portata di tutti, chiunque ha diritto di essere ricoverato, visitato e di avere una diagnosi. Poi? Poi deve procurarsi i pasti, fare i molti esami richiesti, comprare le medicine prescritte (sempre una lista lunghissima), se è il caso anche bende e gesso o altro materiale sanitario. La spesa dunque è alta e prolungata, anche se il paziente puòrestare in ospedale gratis.
Ci sono strutture private, moltiplicatesi ovunque in questi ultimi decenni: grandi e moderni ospedali dove si compiono anche operazioni molto sofisticate, e clinichette raffazzonate in qualche modo. Ovviamente, vengono aperte per guadagnarci, e tutto si paga, a prezzi più o meno alti.
Quasi non esiste un sistema di protezione del lavoro dipendente. I lavoratori a giornata (sono tantissimi) perdono tutto il guadagno se si ammalano, ma anche il lavoratore assunto stabilmente, se una malattia si prolunga oltre i pochi giorni, viene licenziato e rimane da subito senza stipendio.
Questo il sistema. Prima di parlare del suo funzionamento, metto le mani avanti: quando si entra in simili argomenti, arriva ben presto l’osservazione: “Sì sì, certo! Ma non credere che in Italia… Qui siamo peggio, roba da matti, sfacelo, catastrofe, orrore…” Non pongo in dubbio queste valutazioni, ma io non intendo fare paragoni: se dico che in Bangladesh piove, non voglio far capire che in Italia c’èil sole, intendo solo dire che in Bangladesh piove – oggi.
L’ospedale che ricovera gratuitamente è positivo. Il problema è l’affollamento: per avere l’ammissione bisogna fare “code” per settimane, o mesi, andando e tornando ogni giorno. Ammissione spesso significa un posto per terra, nei cameroni, a fianco dei letti, o in veranda. Quando non c’è più neanche quel posto, ti dicono di pagare per avere una “cabin”, una microstanza. Mentre attendi in fila, devi difenderti da chi ti accosta per toglierti dai guai. Alcuni promettono di farti “passare avanti”, di portarti dove c’è un medico migliore, di farti avere la “cabin” gratis… in cambio di mance adeguate; oppure insistono: “Non fare l’esame nel laboratorio dell’ospedale governativo: “Costa meno ma il dottore non vale; vieni dove ti accompagno io, e il dottore ti aiuterà meglio…” Un prezioso consiglio, da ricompensarsi con una adeguata somma… Oppure ancora: “Vieni dove non c’è coda!”, e ti lasciano davanti allo studio dell’odontoiatra invece che quello del cardiologo che serve a te. Se da tre giorni sei coricato per terra e nessuno si ferma da te, qualcuno attirerà l’attenzione di un medico – in cambio di una mancia. Occorre un’operazione? E’ gratuita: basta provvedere aghi e filo di sutura, sangue, prodotti per l’anestesia, persona che ti assista e quant’altro può servire. E naturalmente, visto che la lista di attesa è lunga, bisogna ricordare al chirurgo che ci sei anche tu: una busta con il tuo nome e qualcosa dentro…
Difficile immaginare come possa cavarsela chi non ha familiarità con l’ambiente, non ha conoscenze, sta male, e non capisce i cartelli che indicano i vari reparti, specialità, regole, ecc.
Perchè il paziente deve comprarsi le medicine? Qualcuno dice che il governo non le passa; altri dicono che le passa, ma… Un’infermiera mi ha spiegato che quando arriva un quantitativo di medicine, queste vengono esposte in una sala a cui accedono, in successione gerarchica, il primario, seguito dagli assistenti, poi le infermiere professionali e infine le junior. Ognuno prende quello che crede, le medicine riappariranno – in vendita – nei negozietti che pullulano accanto agli ospedali, e ciò che avanza viene usato per gli ammalati. E’ così ovunque? Non lo so. Da qualche parte lo è.
Dicevo che alcuni ospedali fanno operazioni anche molto sofisticate. Conosco persino i prezzi degli “stent”, i famosi “anellini” che sbloccano le arterie del cuore: economici quelli indiani, medi quelli europei, costosissimi quelli americani; ma la durata è proporzionata al costo. Operazione bene, per l’assistenza post operatoria, e – più in generale – per l’igiene… Vi risparmio descrizioni poco piacevoli…
Anche il medico di buona volontà e onesto non sa come muoversi, e ovviamente non può curare gratis tutti quelli che non possono pagarsi il trattamento – o che dicono di non poterlo fare. Ovvio che i disonesti ci sono, fra i medici e fra i malati o sedicenti tali, e ci sguazzano (sì, lo so… anche in Italia…).
I poveri (sono tanti!), anche se hanno uno stipendio, non riescono ad andare oltre il paracetamolo. Ma anche chi ha risorse, se si trova davanti ad un problema “normale” come il diabete (qui diffusissimo), un calcolo renale, e cose di questo livello, deve affrontarle facendo debiti. Spesso la famiglia allargata interviene, ma ovviamente non può continuare a lungo. Le Suore di Madre Teresa, “esperte” in ammalati poveri, non s’avventurano a prendersi responsabilita’ per malati cardiaci, renali, e affetti da tumori. Neppure loro ce la fanno ad imbarcarsi in dialisi, chemioterapie, radioterapie, o cure diabetiche pesanti.
E allora? E allora niente: questa è la situazione. E noi abbiamo ogni giorno a che fare con persone che devono affrontarla, spesso senza averci mai pensato prima, e senza rendersi conto che non possiamo aiutarli. E’ una sofferenza grande per loro, e anche non poco per noi.
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