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Marius Garau: La rosa dell’imam

Marius Garau, prete di origine sarda, ma nato in Tunisia Infermiere, forgiato dalle radici mediterranee di una povera e semplice famiglia italiana. Parlava perfettamente la lingua del paese che gli ha permesso di essere di “questo” popolo, uomo di ascolto, in umiltà.  Ha saputo vivere una grande storia di fratellanza con l’Imam della grande moschea di Gafsa che lo considerava un vero fratello. Si Alì Mehrez, imam della grande moschea di Gafsa: sono questi, stavolta, i protagonisti delle nostre pagine, sui quali ci soffermiamo prendendo lo spunto dal piccolo testo cui è stato affidato il loro vibrante incontro spirituale , avvenuto nel sud della Tunisia. Marius, nato in terra musulmana, si trovò subito immerso in un contesto pluralista con la specificità della propria fede, già a partire  dalla frequentazione delle scuole elementari ; Si Alì, invece , «tanto modesto quanto profondo», nel1961 fu scelto a diventare imam a Gafsa fino al giorno della sua morte (avvenuta il 25 maggio 1978) per la competenza teologica, la rettitudine morale e il rispetto di cui era circondato. Per entrambi la frequentazione reciproca portò a constatare che «non è solamente alla tolleranza che noi siamo invitati, ma a riconoscere nell’ altro i tratti di un fratello in umanità, un fratello amato da Dio, avviato ad un destino meraviglioso nella gioia di Dio che non conosce declino» Alcuni tratti «Si possono scambiare parole che non avranno mai un seguito, ma può anche essere il preludio di una bella sinfonia, quella dell’Amicizia e dell’amore» (19). «Durante gli anni abbiamo condiviso ciò che ci stava maggiormente a cuore: cose della vita o che erano oggetto dei nostri sermoni alla comunità musulmana o alla comunità cristiana. Ci sentivamo entrambi investiti di una missione analoga che ci sovrastava e ci animava: testimoniare il Dio Vivente e la sua passione per l’uomo» (2 0). «Nelle sue parole scoprivo la gioia del servitore della Parola che presta la sua voce a Dio per la gioia di tutto il popolo» (42). E Si Alì aggiungeva che: «il prete e l’imam debbono avere amore per la verità, per la giustizia e il coraggio di proclamarle» (38). La rosa A proposito: il titolo del libro (La rosa dell’imam) rimanda ad una rosa bianca presentata a Marius dalla figlia di Si Alì, la diciassettenne Najjia, mentre il padre spiegava: «Questa rosa donala al nostro amico, perché ha un grande valore, è più bella del diamante, vale più di un cumulo d’oro … è il segno della nostra amicizia spirituale, poiché la carne, la materia non sono niente, è lo spirito che conta e che vivifica tutte le cose» (23). Comprendiamo allora anche le parole di Marius, che bene si prestano a concludere queste pagine: «Lode a te, Signore, che mi hai fatto incontrare questo figlio di Abramo al margine del deserto» (26). (Giuliano Zatti  Il dialogo n.22) Il libro La rosa dell’imam. L’incontro spirituale fra un cristiano e un musulmano (EMI, Bologna, 1997) L’originale edizione francese era apparsa a Parigi nel 1983. La prima parte del libro è il racconto di una amicizia condivisa, mentre la seconda parte propone spunti di spiritualità e di teologia che l’autore recupera a partire dal proprio vissuto. I numeri indicati nell’articolo si rifanno alle pagine citate.  

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