Migranti e studenti in Algeria
Mons. Claude Rault, vescovo di Laghouat-Gardaia, diocesi nel deserto dell’Algeria, vasta più di due mila chilometri quadrati, nell’ultima riunione della Conferenza episcopale della regione nord-africana (Cerna), tenutasi in Senegal nel gennaio scorso, è ritornato sull’importanza della presenza di studenti e di migranti subsahariani per la vita della Chiesa nell’Africa del Nord e particolarmente dell’Algeria. «Essi sono una preoccupazione della Chiesa. Cerchiamo di conoscere le loro identità e di visitarli con giornate di condivisione. Ad Algeri, Costantine e Orano, gli studenti subsahariani sono numerosi e cerchiamo di integrarli con sessioni di formazione perché conoscano la società algerina. Sono una bombola di ossigeno per la nostra Chiesa e con la loro vitalità portano un aspetto di novità e di giovinezza oltre a renderla universale. Annualmente ci sono delle grandi riunioni simili a quelle di Taizé, e animate da focolarini a Tlemcem e poi un’altra a Skigda e la settimana di “Università d’Estate” nella casa diocesana di Algeri.
La Chiesa non si occupa solo degli studenti. I migranti in transito sono una parte importante della Chiesa del Nord dell’Africa e di alcune parrocchie. A Tamanrasset, dai 20 ai 50 fedeli che frequentano i momenti di preghiera, sono migranti. La migrazione diventa una sfida e un’occasione stimolante per la Chiesa che estende i suoi confini e vive la sua missione di evangelizzazione e di carità. Purtroppo alcuni migranti sono illegali e soggetti a essere sfruttati, arrestati, imprigionati e rispediti ai paesi di origine. La Chiesa di Algeri collabora col ministero della giustizia e ha organizzato una equipe pastorale di trenta persone, laici, preti e religiosi/e che visitano i carcerati e li aiutano a tenere contatti con le loro famiglie lontane».
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