Nostalgia
Lasciata la parrocchia e arrivato alla PIME House, ero ancora emozionato dalla sorprendente constatazione che pochi giorni prima avevo compiuto i 75 anni di età quando, mettendo a posto carte e pasticci, è capitato in mano un ricordo della mia ordinazione presbiterale, 1969. Mi ritrovai con il pensiero a quando ormai tutti i miei compagni “ordinandi”, eccetto io, avevano in mano le tradizionali immaginette, e dicevo a me stesso: se le preparo e poi, all’ultimo momento, i “capi” mi dicono che è meglio per me scegliere un altro mestiere? Soldi buttati! Cautelosa avarizia, con un pizzico di fastidio: provavo fastidio a pensarci.
Alla fine arriva il “via libera” e vado in libreria a cercare qualcosa. Scelgo tre o quattro “immaginette” con fotografie e frasi che mi piacciono, anche se non hanno a che fare con il mio diventare missionario prete. Che cosa vi feci scrivere dietro, ve lo dico un’altra volta. Per ora fermiamoci a questa che ho in mano: è la foto di uno svettante campanile, sullo sfondo di un cielo limpido e di una montagna aspra e rocciosa che si trova chissà dove. La frase è di Guy de Larigaudie, un autore che allora circolava parecchio fra gli scout: “Il mondo non è proporzionato alla nostra statura, e noi abbiamo talvolta il cuore gonfio di un’immensa nostalgia del cielo”.
La sceglierei ancora, ora che ho 75 anni?
Sì. Dice che io allora sceglievo – e ho poi seguito – una strada di impegno, servizio, opere, spirituali e non, ma tutto questo non era tutto, e non era neppure il centro; nel profondo, il senso dell’infinito che mi circonda e lo struggimento del mio limite, della mia “infinita” piccolezza non mi ha mai abbandonato. Ne ho nostalgia, un desiderio che sa di non potersi mai del tutto compiere, ma ha sempre bisogno di cercare, esplorare, andare oltre. Ha bisogno di sapere che non sarà mai assopito, che non si placherà. E’ la nostalgia del cielo che vivo quando parlo con un bimbo, quando ascolto un anziano, quando aiuto un povero o m’arrabbio con lui, quando guardo un albero, un filo d’erba, viaggio in mezzo alla folla, mi angoscio per una sofferenza, per un’ingiustizia, ascolto musica; quando mi risuona nella mente il singhiozzo – l’unico – di mio padre mentre pregavamo accanto alla salma di mia sorella, morta a 26 anni di età; quando mi stordisco guardando il mare o le montagne, quando mi siedo a pregare, quando mi rallegro e mi diverto, sempre con un sottile senso di incompletezza, di caducità, il bisogno di “altro”. La missione, per me, è stata soprattutto ricerca. Sempre con una grande, appassionata nostalgia.
Ora questo cielo si è inevitabilmente fatto più vicino, e io spero di toccarlo non per possederlo, non per mettermi tranquillo, ma per lasciarmi conquistare, possedere dalla gioia sempre nuova e sorprendente di esistere, di vivere, di amare, di non essere appagato.
Sì, amo enormemente la vita, per questo desidero il cielo, e non finirò mai di desiderarlo e cercarlo.
Articoli correlati
Mare Mosso
E’ trascorso un mese dal mio arrivo in Bangladesh. Sapevo che dallo scorso luglio la vita di questo grande paese con …
Dall’Iran all’Italia per arrivare alle Olimpiadi di Parigi
Nella squadra olimpica dei rifugiati, ci sono anche due giovani iraniani, Iman Mahdavi e Hadi Tiranvalipour, che in I…
Ritorno
Eccomi qui, di nuovo con una “scheggia” certamente inattesa: la precedente, numero 239, risale a più di un anno fa: n…