Nuove piste
Prendo dal libro “Note sulla storia della Chiesa in Algeria e Tunisia”, scritto da padre Davide Carraro, missionario del Pime ad Algeri, uno stralcio della relazione che fratel Fabio Mussi scrisse il 4 aprile 2005, alla fine di un viaggio preparatorio in Algeria. Durante questo viaggio era accompagnato da padre Miguel Larburu, l’allora vicario generale della diocesi del Sahara: «Padre Miguel dice che il Sahara è un buon fabbro, se ha in mano un materiale di buona qualità è capace di trasformarlo in un capolavoro, se invece gli capita in mano del ferro di cattiva qualità lo vede subito e lo getta via. I missionari del Sahara devono assomigliare alle dune di sabbia nel deserto: si adattano al posto, si spostano con il vento, sono sobrie e sono belle, proprio perché non hanno fronzoli inutili e sono sempre lì. In un ambiente duro e difficile, sia per il clima che per i rapporti religiosi, sociali e culturali, c’è bisogno di persone che siano capaci di sopravvivere alle tempeste e alla scarsità di alcuni elementi che si reputano essenziali. Non è facile, ma si può fare, se si è convinti e preparati a questo. Un tempo, i tuareg per spostarsi nel deserto utilizzavano solo i cammelli. Ora preferiscono i fuori strada 4×4, perché sono più veloci e più comodi. Abbiamo bisogno di comunità che, avendo capito lo spirito e la tradizione della Chiesa algerina, sappiano percorrere altre piste con dei mezzi adatti al mondo d’oggi. Ecco la vera sfida per non essere né dei nostalgici né degli ingenui, ma solo realisti». Stessa cosa per la Chiesa tunisina.
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