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Padre Ermanno Battisti

Nato nel 1937 a San Giovanni Valle Aurina (Bolzano-Bressanone), iniziò la formazione nell’Istituto nel 1953. Fu ammesso al Giuramento nel 1961 e ordinato Presbitero nel 1962. Servì l’Istituto in Italia dal 1962 al 1969. Partì per la Guinea Portoghese nel 1969. Rientrò in Italia nel 2010. Moriva il 03.01.2015 a Roma.  È sepolto nel cimitero PIME di Villa Grugana. A un anno e mezzo dalla morte, la memoria di padre Ermanno Battisti, missionario del Pime che ha operato per 33 anni in Guinea Bissau, non si è affievolita. Anzi: tanti ex giovani che hanno beneficiato delle sue iniziative e che appartengono alla diaspora guineana in Italia si raduneranno a Verona il 9 luglio prossimo per ricordare solennemente- con un’iniziativa culturale di un certo respiro – questa figura di missionario. «In Africa ogni anziano che muore è una biblioteca che brucia – spiegano i promotori del meeting del 9 luglio – Da qui la domanda: come evitare che la morte di un nostro anziano, di un personaggio che consideriamo un’icona della storia dei nostri popoli, delle nostre nazioni, si trasformi in una “biblioteca che brucia”? Come trasformare la sua dipartita in una celebrazione del trionfo della vita sulla morte?». Ecco l’idea di un evento a ricordo di padre Battisti, che radunasse tante persone che, in forme diverse, sono state da lui aiutate nello studio, nel lavoro, nella conquista di un’autonomia. Quando padre Battisti morì si verificò un’ondata di messaggi di condoglianze. «È stato un autentico missionario che annunziava Cristo con la vita e la parola», Padre Gheddo. Originario dell’alto Alto Adige,  padre Ermanno, ordinato sacerdote nel 1962 e redattore di “Italia Missionaria” fino al 1968, è stato missionario dal 1969 al 2010, quando, malandato in salute, è tornato in Italia come direttore-redattore di “Infor- Pime”, il bollettino interno dei missionari. In “Un elefantino miracoloso”, padre Ermanno ha raccontato facendo emergere che il protagonista della “missione alle genti” è lo Spirito Santo: il missionario, anche quando realizza numerose e grandi opere è solo un piccolo e debole strumento di una forza soprannaturale. Perché quel titolo curioso? L’elefantino è una statuetta in legno palissandro, che padre Ermanno (aveva imparato a lavorare il legno da bambino), scolpì all’inizio della sua missione in Africa, quando ancora imparava il criolo, la lingua nazionale col portoghese. A Bissau era incaricato di seguire i ragazzi e i giovani delle scuole cattoliche e vedeva che, finite le elementari e alcuni anche le medie, non trovavano lavoro. Mentre studiava l’arte e l’artigianato locali e, con naturale senso artistico, si convinceva che nell’arte tradizionale sta il tesoro nascosto da mettere in luce per produrre lavoro e ricchezza. Raduna i suoi giovani, prende un tronchetto di palissandro e con uno scalpello e un martello scolpisce in pochi giorni un elefantino non ancora lavorato, ma sufficiente per entusiasmare i suoi alunni. Si accorge che i suoi giovani avevano abilità manuale e immaginazione mai immaginate. «Mi hanno scolpito elefantini e altre statuette più belli dei miei e abbiamo incominciato a venderli con un banchetto per la strada. Con loro somma felicità, hanno incominciato a guadagnare qualcosa col loro lavoro! Appena si è diffusa la voce di questa nuova attività lavorativa, venivano da tutte le parti con un loro piccolo dono (una gallina, uova, banane, zucche) per diventare miei alunni». Così è nato il “Centro artistico nazionale” che prepara scultori, pittori, artigiani che col legno, la paglia, le foglie di palma e altro materiale locale, l’hanno affermato come un’opera di valore nazionale, premiata e visitata dai politici, che acquistano una parte dei suoi prodotti da offrire come dono ai personaggi stranieri in visita alla Guinea Bissau. Da quel piccolo e insignificante oggetto sono nate in seguito, con l’aiuto generoso di molti amici e benefattori italiani, le molte opere del missionario altoatesino: le borse di studio per mandare giovani nelle Università portoghesi o italiane, la parrocchia di Cristo Redentore a Bissau, con tutte le strutture esterne ed interne (porte, finestre, banchi, altare, sedie, candelieri, Crocifissi, Via Crucis, battistero, ecc.) scolpite in legno secondo l’arte locale delle varie etnie guineane; l’ospedale pediatrico Bòr, unico del genere in Guinea (con 60 letti); la “Casa di accoglienza Bambaran” per bambini abbandonati e studenti; la chiesa parrocchiale e le strutture della nuova parrocchia di Bòr, quartiere periferico di Bissau; la scuola di Bòr, “Ermondade” (fraternità) che arriva fino al Liceo. Accanto a tante opere realizzate, anche un sogno rimasto nel cassetto, «Ricostruire quella casa per farne un museo diocesano, perché conservare le memorie del passato fa parte sostanziale di ogni cultura e mi sembra importante anche per la nostra Chiesa, perché dall’esperienza del passato possono venire idee nuove, e anche migliori, per il futuro».  

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