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Icona decorativaIcona decorativa13 Settembre 2022 Silvano Zoccarato

Padre Giovanni Cadorin

Nato il 16.08.1880 a Taibon (Belluno), entrò nell’Istituto nel 1907. Fu ordinato Presbitero e partì per la Birmania (Taungngu) nel 1911. Dal 1937 servì l’Istituto in Italia. Morì il 06.01.1951 a Monza ed è sepolto nel cimitero del PIME a Villa Grugana. Il 6 gennaio 1951. consumato da lunga e penosissima malattia, cessava di vivere il P. Giovanni Cadorin. Durante il tempo che fu costretto a stare in casa di cura a Monza, edificò tutti, suore e infermieri, col suo contegno ammirevole, sempre paziente, sempre caritatevole, sempre umile e docile, come un bambino. Dalla sua bocca non usciva un lamento, non un rimpianto; che, anzi, sapeva nascondere così bene il suo male, che pure lo tormentava terribilmente, da meravigliare quanti gli erano accanto, e da suscitare, lui ammalato, ilarità e allegria, che non sono le note abituali di un ospedale. Per questo, quando chiuse dolcemente gli occhi, e la sua anima se ne vola a Colui, Che aveva saputo tanto bene imitare nella via della croce, gli infermieri non riuscirono a trattenere le lacrime e ne esaltarono le virtù, come se si trovassero di fronte ad un santo; qualcuno di essi, anzi, si raccomandò alle preghiere del buon padre sofferente, per ottenere speciali grazie dal Signore, e, come ci fu narrato da loro stessi, l’effetto fu immediato e oltremodo salutare. P. Cadorin era nato a Taibon, provincia di Belluno, ii 16 agosto 1880. Entrato nell’Istituto il 13 novembre 1907, partiva, tre mesi dopo la sua ordinazione, il 15 settembre 1911 per la Birmania. Conosce Lei ii prete di Hoya? Certamente! P. Cadorin. Ma che razza d’uomo e costui? Italiano. Capisco. Volevo dire, che razza di tempra dev’essere quest’uomo per poter vivere così a lungo fra gente semi­selvaggia e in un luogo così tetro. Io non ci starei nemmeno per tutto I ‘oro del mondo. E anche lui, sa, non ci starebbe… Ma ci sta solo per amore di Dio e delle anime. Chi parlava così, era un ministro anglicano, che veniva appunto da Hoya. Assuefatto ai comodi della città, gli sembrava incredibile che un europeo potesse vivere in quel lontano e oscuro luogo di montagna. E veramente, solo il fatto di aver potuto e saputo trascorrere la vita, dura e solitaria, in quei tempi proprio nel centro della rozza tribù Pre, senz’alcun conforto umano, ha dell’incredibile. Eccetto il primo anno passato tra i Kani, nel distretto di Leiktho, il P. Cadorin trascorse la sua vita missionaria tra i suoi cari Pre. Si richiedeva proprio una tempra d’acciaio per la nuova residenza di Hoya, e ii vescovo pensava chi potesse mandarvi. II P. Gussoni, che vi aveva dimorato un anno, non si sentiva più di tirare avanti, tanto si era esaurito per la troppo dura vita. Se crede, Monsignore, ci vado io – disse calmo Padre Cadorin. Ma la ringrazio proprio di cuore – sospiro allora Mons. Sagrada. Bravo, Cadorin – esclamarono tutti i padri presenti, che si erano riuniti per gli annuali esercizi spirituali. Sono i Pre la razza cariana, fisicamente la pit1 attraente, ma la più selvatica e la più misera. Attaccatissimi ai loro tradizionali costumi pagani, e assai difficile guadagnarli al­ la Chiesa. I più lontani da ogni via di comunicazione, appollaiati su quelle cime rocciose, coperte di fitta boscaglia, sono anche i più retrogradi nella civiltà. Fu appunto fra questa gente così rude, che P. Cadorin rimase venticinque anni, adattandosi alla loro mentalità per poterli guadagnare alla fede. Colà, durante la stagione delle piogge, i fiumi s’ingrossano e i ponti altro non sono che tre bambini legati assieme. appesi ai rami di due alberi, situati sulle opposte sponde e protendendosi uno verso l’altro. Non tutti si è equilibristi! E non lo era neppure P. Cadorin, il quale, perciò, era costretto a restarsene solo nella sua umida casetta di legno, parecchi mesi all’anno, senza poter avere la consolazione della visita di un confratello. I Pre soffrono la fame molto di frequente. La loro terra rende quasi niente. A chi andare per aver un po’ di soccorso? Al buon padre missionario, naturalmente. E P. Cadorin andava incontro ai loro bisogni con riso, tabacco, sale e denaro, facendosi promettere che, poi, all’occorrenza, sarebbero andati a prendere la sua roba a Toungoo e portarla ad Hoya. Nonostante le difficolta di trasporto dalla città ad Hoya, P. Cadorin riuscì a costruire tra i suoi Pre una bella chiesina e altri fabbricati in legno. I Pre – diceva lui ·-­ bisogna saperli prendere dal loro verso, e usare con loro molta pazienza, diversamente non si ottiene niente. E col suo modo affabile riuscì a convertire vari villaggi e ad infondere più vita cristiana nei già battezzati. La sua carità per i cristiani, specialmente in occasione di gravi calamità, come epidemie ed incendi, era straordinariamente generosa; allora non pensava più a sé, ma unicamente ai bisognosi, per i quali si privava anche de! necessario. Fra i Pre si usa fabbricare le capanne di bambù le une accanto alle altre, cosicché, se si sviluppa l’incendio in una, generalmente non se ne salva nessuna. Mi ricordo ancora di un’accorata relazione che P. Cadorin scrisse sul nostro giornaletto cariano, invitando tutti i cariani a dare il loro modesto contributo per la sua gente di Htekhu e Bija, due grossi villaggi, rasi completamente al suolo da un incendio. Appena fuori del villaggio di Hoya c’è una bellissima grotta naturale di stalattiti calcarei; vi mancava soltanto la statua della Madonna per farne una copia di Massabielle. Ce la mise lui, la statua che era così bella, che sembrava un sorriso di cielo. Non lo crederesti — mi diceva il suo successore, P. Rovagnati – ma è la pura verità: il P. Cadorin, quand’era a casa, vi conduceva tutte le sere i suoi ragazzi a recitare il Rosario, o, in tempo piovoso, almeno tre Ave Maria. Ancora oggi si segue il suo esempio, nonostante che la grotta disti due chilometri di poco facile cammino. Negli ultimi anni, diventato quasi cieco e con il corpo che andava sempre più cedendo ai diritti della morte, non lo si vide mai lamentarsi. Soffriva indicibilmente, e il suo unico conforto lo trovava nella ininterrotta preghiera e nel ricordare la sua cara missione, alla quale era attaccatissimo, anche dopo il suo forzato rimpatrio avvenuto nel 1937. La sua anima, purificata nel crogiuolo de! dolore, volò al cielo a ricevere il premio eterno, mentre la sua memoria rimane in benedizione, soprattutto tra i Pre della Cariania, per i quali fu pastore, padre e benefattore. Per tutta la sua vita fu dominato unicamente cla una duplice passione: Dio e le anime. Non esisteva altro ideale per lui. P. RINALDO Bossi miss. a Toungoo

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