Padre Giuseppe Panizzo
Nato il 20/03/194 a Breda di Piave (Treviso), iniziò la formazione nell’Istituto nel 1952, ammesso al Giuramento nel 1966 fu ordinato Presbitero nel 1967. Servì l’Istituto negli Stati Uniti dal 1969 al 1978 e in Italia come animatore vocazionale dal 1979 al 1983. Partì per il Brasile (Parintins) nel 1983 e nel 1993 passò in Papua Nuova Guinea (Vanimo). Morì a Vanimo (P. N. G.) il 20/04/1994 in seguito a un incidente all’aereo che lui stesso pilotava mentre trasferiva alcuni catechisti in villaggi montagnosi.
Sentire il suo nome ed associarlo subito alle parole l’aereo”, “volare”, è istintivo. Specialmente ora che, purtroppo, alla parola “aereo” dobbiamo legare l’immagine della morte di questo nostro carissimo missionario. Qualcuno potrebbe aver pensato che per P. Panizzo, l’aereo sia stato un capriccio o un hobby. Non credo che ciò corrisponda a verità. Credo invece che anche l’uso dell’aereo, entrava in uno stile di vita, in una mentalità che P. Panizzo forse aveva acquisito negli anni passati in USA prima come studente e poi come animatore vocazionale. La mentalità cioè che anche la tecnica, se ben usata, aiuta a far avanzare il Regno di Dio. Infatti, il P. Giuseppe è stato il primo a usare il computer in Parintins; aveva un fuori bordo veloce per andare a visitare le comunità nei villaggi e da questi si comunicava con la città attraverso una radio-trasmittente; ha organizzato una libreria nella città di Parintins che non ha niente da invidiare a quelle delle grandi città; ha sempre dato importanza ai mezzi di comunicazione. Lui stesso aveva confessato che fin da piccolo aveva un sogno: poter volare!
Su richiesta di Mons. Bonivento, la Direzione Generale, gli fa la proposta di spostarlo dall’Amazzonia alla Papua. Lo invitano prima a fare una visita in quella missione per poi decidere. Al ritorno di quel viaggio mi confessava: “La Papua è bella, ma io amo molto anche Barrerinha. Lascio che siano i superiori a decidere”. E così, nell’ottobre ‘93 arriva a Vanimo.
Dalle lettere scritte alla mamma e ai 13 fratelli, si capisce che nei primi mesi ha trovato grandi difficoltà ad inserirsi in un nuovo lavoro e in un nuovo ambiente. Poi le cose cambiano, tanto che un mese circa prima di morire scrive: “Posso dire che i 40 giorni di deserto sono passati…”, indicando che ormai il più difficile è passato e sta inserendosi sempre più nella realtà della Papua. Ma nella stessa lettera c’è una frase che sembra quasi un presagio: “…non c’è Pasqua senza Croce!” e poi termina con delle parole che credo siano state un programma per la sua vita: “Ricordiamoci ai Signore e mettiamo Lui al primo posto. Senza di Lui tutto crolla”.
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