Pandora
La massiccia rivolta studentesca, che in poche settimane ha costretto alla fuga, pare in India, la prima ministra Sheikh Hasina, è “esplosa” come reazione alla decisione del governo di accrescere, nelle assunzioni per impieghi statali, le preferenze da riservare ai suoi seguaci; ma era motivata da quindici anni di regime che ha visto una considerabile crescita economica del Paese, ma era – come i suoi predecessori – corrotto e autoritario, al punto di ricorrere a “far sparire” gli avversari politici e tenerli in carceri segrete (scoperte dopo la sua fuga) da dove i pochi che uscivano non hanno mai avuto il coraggio, o la capacità, di spiegare che cosa fosse loro successo. Come Sheikh Hasina sono fuggiti ministri, sindaci, funzionari statali, poliziotti e autorità varie, lasciando vuoti ruoli importanti e diffusi, mentre incominciava una caccia dei “buoni” contro i “cattivi” che – con il passare del tempo – accanto alle speranze di un cambiamento vero e duraturo fa temere che non stia emergendo una mentalità davvero nuova. Sembra che i “cacciatori” più accaniti si sentano autorizzati a pensare: “Non se ne poteva più di loro… ma adesso finalmente tocca a noi…”.
Gli studenti che si sono battuti per liberare il loro paese hanno pagato un prezzo alto in termini di uccisi, feriti, torturati. La durissima repressione però non li ha ridotti al silenzio; al contrario, la loro tenacia ha creato nei loro confronti stima, fiducia e speranze. Tre sono entrati nel governo provvisorio, ad altri sono stati dati ruoli impegnativi. Ma forse abbattere in pochissimo tempo un regime che controllava tutto è come aprire il vaso di Pandora: nessuno controlla più nulla. Gli stessi studenti che avevano dato l’impressione di essere una massa unanime e compatta, rivolgono ora le loro energie in direzioni diverse, e chi era faticosamente tenuto sotto controllo trova campo aperto per dare sfogo a comportamenti per ora incontrollabili.
Per anni giornalisti e commentatori politici hanno lavorato con il fiato sospeso, temendo di essere censurati e incarcerati per aver espresso un’opinione diversa da chi era al potere… adesso finalmente – si dice – hanno libertà di parola. Il che per non pochi significa: finalmente possiamo dire quello che pensiamo e vogliamo, e la prima cosa che vogliamo è punire e mettere a tacere chi metteva a tacere noi…
Un caso esemplare: a Dhaka, uno studente del College XXX, ferito in una delle numerose manifestazioni che si susseguono ancora, viene ricoverato nel Medical College YYY. I suoi compagni del college, sostenendo che non sia stato curato bene, attaccano in massa il College YYY – colpevole della trascuratezza, e picchiano selvaggiamente, con bastoni e coltelli gli studenti, saccheggiando, distruggendo ambienti, attrezzature, mobilio, biblioteca e altro. In risposta, gli studenti XXX si riorganizzano e rendono pan per focaccia al college YYY. Poi, per buona misura, inizia lo stesso trattamento al College ZZZ. Non i sa il perché, e si sospettano – in questo caso – ragioni religiose, dal momento che questa istituzione è gestita dai Fratelli della Santa Croce. Interviene la polizia che – accusata di omicidi e crudeltà e avendo visto molte delle proprie stazioni incendiate – procede con i guanti; il governo provvisorio chiede anche l’intervento di reparti militari e di guardie di frontiera, esitanti e numericamente insufficienti. Risultato: molti feriti, corsi ed esami sospesi a tempo indeterminato, gravi danni economici.
Ma il “vaso di Pandora” conteneva altro… L’arresto di un prete indù molto popolare nel sud (Chittagong) ha svegliato gli indù locali, che interpretano l’evento come un atto ostile verso la loro minoranza e reagiscono con violenza – nonostante polizia e magistrati sostengano che l’arresto non ha motivi religiosi né politici. Dall’India, il primo ministro Modi, fondamentalista hindu, accusato di aver sostenuto nel suo Paese, in passato, una strage di musulmani in un conflitto circa la proprietà di un antico tempio (secondo gli hindu) o moschea (secondo i musulmani), ora mette in guardia il Bangladesh: “non toccate gli hindu”! Chittagong non si calma; un avvocato musulmano viene ucciso non si sa perché, un altro prete hindu viene arrestato e la temperatura sale… Si risvegliano gli odi che causarono innumerevoli vittime quando la Gran Bretagna si ritirò e iniziò l’indipendenza – nel sangue – di Indù (India) e Musulmani (Pakistan, poi Bangladesh) separati?
Il governo provvisorio raccomanda la calma, invoca l’unità; molti invitano al dialogo; commentatori ricordano che il Bangladesh potrebbe perdere la sua fama internazionale di paese “non communal” (cioè unito, non diviso da ragioni di razza, religione, ecc.); partiti di varie tendenze promettono di tenere nel dovuto conto le minoranze di ogni tipo… spazi di ragionevolezza e di speranza ci sono, ma emergono anche conflittualità inattese come, ad esempio, la grave divisione interna al mondo islamico: grandi gruppi di musulmani Wahhabiti (interpretazione rigida e legalista dell’Islam, sostenuta in Arabia Saudita) attaccano e distruggono sedi di musulmani Sufi, antica corrente “spiritualista” e non politica dell’Islam…
Aria pesante anche per le minoranze etniche: i gruppi maggioritari bengalesi che vivono nelle loro aree, non hanno mai rinunciato a cercare di appropriarsi delle loro terre, facendo carte false, o semplicemente invadendole; un momento come questo non può non ingolosirle e spingere ad approfittare dell’occasione; i Santal, e altri tribali, rispolverano archi e frecce e vigilano ogni notte… Ma sanno bene che se non trovano appoggi la lotta non è certo ad armi pari… D’altra parte c’è anche chi, a livello nazionale, chiede giustizia per i tribali del Chittagong Hill Tracts, zona collinare nell’estremo sud-est del Paese, che dopo la creazione del Bangladesh attraversò un periodo di guerriglia combattuta dai numerosi gruppi aborigeni, non riconosciuti dal nuovo governo; ne seguì – oltre vent’anni fa – un trattato di pace firmato proprio dal partito di Hasina; ma mentre i ribelli consegnavano le armi, il governo non rispettava i punti dell’accordo, e la zona è rimasta fino ad ora militarizzata e isolata, teatro di innumerevoli ingiustizie nei confronti dei gruppi etnici. La faccenda è ora riportata all’attenzione e potrebbe essere un’occasione per valutare la coerenza del prossimo governo.
Franco Cagnasso
Dhaka, 3 dicembre 2024