Papa Francesco in visita al tempio buddhista
Francesco si è recato al Kaba Aye Center di Rangoon, uno dei templi buddhisti più venerati dell’Asia sud-orientale. È entrato con le sole calze nere ai piedi, insieme al presidente del Comitato Statale “Sangha” Bhaddanta Kumarabhivamsa. Hanno tracciato la strada per superare odio, terrorismo ed estremismo nel nome della religione.
Il Myanmar è scosso dalle violenze perpetrate contro le minoranze etniche e religiose e l’argomento resta indirettamente presente in questo incontro. Buddisti e cristiani possono trovare questa strada comune nei propri padri o figure spirituali di riferimento, Buddha per i primi, san Francesco per i secondi. Due figure le cui parole esprimono “sentimenti simili”.
Papa Bergoglio ha citato significativamente per primo Buddha, che nel Dhammapada (XVII, 223) dice: «Sconfiggi la rabbia con la non-rabbia, sconfiggi il malvagio con la bontà, sconfiggi l’avaro con la generosità, sconfiggi il menzognero con la verità». Parole simili, ha detto, a quelle del santo di Assisi: «Signore, fammi strumento della tua pace. Dov’è odio che io porti l’amore, dov’è offesa che io porti il perdono, […] dove ci sono le tenebre che io porti la luce, dov’è tristezza che io porti la gioia».
Bhaddanta Kumarabhivamsa gli ha fatto eco affermando che «è deplorevole vedere terrorismo ed estremismo messi in atto in nome di credi religiosi. Poiché tutte le dottrine religiose insegnano solo il bene dell’umanità, non possiamo accettare che terrorismo ed estremismo possano nascere da una certa fede religiosa».
Il Papa ha chiesto che questa sapienza comune possa «continuare a ispirare ogni sforzo per promuovere la pazienza e la comprensione, e per guarire le ferite dei conflitti che nel corso degli anni hanno diviso genti di diverse culture, etnie e convinzioni religiose. Tali sforzi non sono mai solo prerogative di leader religiosi, né sono di esclusiva competenza dello Stato.
Piuttosto, è l’intera società, tutti coloro che sono presenti all’interno della comunità, che devono condividere il lavoro di superamento del conflitto e dell’ingiustizia. Tuttavia è responsabilità particolare dei leader civili e religiosi assicurare che ogni voce venga ascoltata, cosicché le sfide e i bisogni di questo momento possano essere chiaramente compresi e messi a confronto in uno spirito di imparzialità e di reciproca solidarietà».
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