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Icona decorativaIcona decorativa16 Giugno 2019 Franco Cagnasso

Parlare

Takbir Huda, un commentatore del quotidiano Daily Star, sul numero del 20 aprile racconta di essere andato, venerdì 12 aprile, alla settimanale riunione di preghiera (jumu’ah) nella moschea del suo quartiere, una delle più grandi di Dhaka. L’Iman predicatore – scrive Takbir – ha toccato vari temi, spiegando le regole del digiuno del prossimo Ramadan; ha anche affermato che sedersi sulla riva del lago per fare il picnic è contro le regole del Corano.- In quei giorni erano in fermento, e lo sono ancora oggi, molti ambienti giovanili, e i media hanno un argomento che non lasciano cadere, mentre la polizia e i politici si sono svegliati da un torpore non involontario, e si danno da fare per portare alla luce (o forse per coprire meglio) ciò che è accaduto in una grossa madrassa (scuola coranica) di Feni, cittadina dell’est Bangladesh. Là, una diciottenne studentessa della madrassa, Nusrat, che proprio in quel giorno avrebbe sostenuto l’esame di più alto livello “Alim”, è stata attirata sul tetto di un edificio amministrativo della scuola, legata, cosparsa di cherosene e data alle fiamme. E’ morta quattro giorni dopo, facendo in tempo a dire molte cose. Di Nusrat ho visto pubblicata una sola fotografia, sempre la stessa, probabilmente scattata “in posa” in un negozio fotografico: capo velato, evidentemente non per coprire i capelli, ma per mettere in risalto un viso con labbra pesantemente truccate, e sguardo obliquo da donna fatale… Dava fastidio questo atteggiamento “poco islamico”? Forse sì, ma c’era altro. Nusrat era da tempo vittima delle pesanti molestie sessuali del direttore della scuola, uomo di prestigio, prima membro del partito Jamaat-ul-Islam e poi dell’Awami League, che è al potere. Stanca di resistergli, Nusrat si era messa d’accordo con la famiglia ed era andata a denunciarlo. La polizia ha registrato di nascosto il suo colloquio con l’ufficiale; in realtà un interrogatorio pieno di allusioni pesanti e di sottintesi molto chiari; poi lo ha messo “in rete”, dove è subito diventato “virale” mentre lei e la famiglia hanno iniziato a ricevere minacce. Tuttavia, forse Nusrat è riuscita a trovare qualcuno che si è messo dalla sua parte, e il Direttore della Scuola è stato arrestato. Immediatamente, centinaia di studenti della madrassa hanno organizzato manifestazioni di protesta per il suo arresto, sfilando per chiedere il suo rilascio “immediato e senza condizioni”, e la punizione della ragazza. La quale, invece di ritirare, ha confermato la denuncia. Due gruppi di studenti hanno avuto il permesso di parlare al Direttore in carcere, e pochi giorni dopo oltre 15 di loro, maschi e femmine, si sono organizzati per liberare la madrassa da una simile peste. Sul tetto, le hanno ingiunto di ritirare la denuncia, e anche di “concedersi” al leader del gruppo. Non ha ceduto, l’hanno bruciata viva. Come mai nessuno ha sentito le sue urla? Si chiede il giornalista. Come mai la polizia – anzichè indagare e agire – ha cercato di ridicolizzare e svergognare la ragazza? Come mai il direttore della madrassa si sentiva così ben “coperto” da decidere di farla ammazzare in quel modo? Come mai un sostegno così massiccio, un’omertà così disgustosa da parte di centinaia di studenti? E si chiede pure: un fatto del genere, di cui tutta la città parla, non merita una parola nel sermone settimanale, dove si criticano coloro che vanno a fare il picnic al lago piuttosto che coloro che insidiano, ammazzano, collaborano, tacciono? Forse sta avvenendo una svolta, nella mentalità del Bangladesh. Le notizie di stupri, anche di gruppo, pestaggi, uccisioni, suicidi di donne, anche di bambine sono sempre più frequenti. Non credo che ci sia nulla di nuovo, se non il fatto che se ne parli, e che si facciano più intense le iniziative perchè questi comportamenti non passino sotto silenzio, come “mali inevitabili”, o forse neppure tanto come mali, visto che “così sono fatti gli uomini”, e tocca alle ragazze o alle famiglie stare attenti… Per me questi eventi angoscianti sono anche un invito a pensare a ciò che avviene “a casa nostra”. Ci hanno costretto, non importa se a volte con molta ipocrisia e con evidenti fini di lucro, a scovare fra noi la pedofilia, le sue coperture e anche complicità. Ci siamo scoperti affetti da una miopia ingenua, ma assai dannosa. Se Takbir Huda mi chiedesse: voi cattolici, nelle omelie domenicali, ne avete parlato? Dovrei rispondergli che ci sono state iniziative di coscientizzazione, piani di intervento educativi, disposizioni precise di vescovi e superiori; ma nel rapporto diretto, nella pastorale ordinaria con le comunità dei fedeli, mi sembra di no – salvo eccezioni che non saprei indicare.

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