Pitor
Nella scheggia “Volti e nomi”, di qualche settimana fa, c’è un’omissione di cui mi rammarico. Ho scritto tenendo sotto gli occhi la fotografia che appare nel “blog”, ma in una sua edizione “tagliata”: mancava la parte destra. Per questo non vi ho detto che l’ultima persona a destra si chiama Pitor, ed è un giovane speciale. Sorride sempre, a denti stretti. Non perché sorrida forzatamente, al contrario, ha un sorriso molto spontaneo, dolce, direi “luminoso”. Ma da anni lo tormenta una malattia che gli contrae i muscoli rendendoli duri come legno, deformandogli le ossa e impedendogli i movimenti. Peggiora giorno dopo giorno. Fino a poco fa riusciva ancora a preparare corone del rosario, ora non più; la bocca si è serrata, per cui mangia solo cibi semiliquidi e – come dicevo – sorride e parla “a denti stretti”. Non riesce a sedersi, la carrozzella con le ruote gli serve per appoggiarsi e per fare qualche passo faticoso con una lenta, strana andatura da burattino. Quando arrivo a Snehanir, è il primo che saluto, perché ha una stanza a fianco del cancello di entrata, il posto del portinaio – suo incarico ufficiale. Con lui c’è sempre qualcuno dei ragazzi della comunità, e anche qualcuno di fuori; non c’è bisogno di fare turni, non lo lasciano solo, e se qualcuno bussa al cancello uno di loro scatta (correndo, o manovrando la carrozzella) e apre – così rimane lui, Pitor, il titolare dell’incarico, e nessuno dice che bisogna incaricare qualcun altro perché lui non ce la fa più. “Pitor ciao, come va?” gli chiedo. “Bene bene, grazie!” Sembra uno scherzo, e invece lui lo dice convinto. “I tuoi dolori?”. “Ci sono” mormora, e aggiunge: “Se oggi celebri la Messa, ricordati di portare la Comunione anche a me”.
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