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Pluralismo religioso e libertà di espressione

Anne-Bénédicte Hoffner ha scritto giorni fa nel giornale francese La Croix un articolo sulla fondazione interreligiosa Adyan per far emergere una cittadinanza non confessionale. La fondazione è stata  creata nel 2006 dal prete maronita Fadi Daou e dall’esegeta sunnita Nayla Tabbara. Nayla Tabbara, in occasione della 90a sessione delle settimane sociali di Francia, ha comunicato che diciassette giovani giornalisti del mondo arabo hanno riconosciuto «una missione essenziale per prevenire la spirale della violenza e della guerra civile», nel contesto di «sviluppo dell’estremismo e dei conflitti dai contorni religiosi». Hanno partecipato a un incontro intitolato: “Giornalisti per una cittadinanza inclusiva della diversità e della libertà di religione e di coscienza”. Alla conclusione, questi professionisti venuti da Iraq, Giordania e Libano hanno deciso di scrivere un “codice di condotta” destinato ai media. Ognuno si è chiaramente impegnato ad astenersi dal «prendere posizione unicamente secondo la propria appartenenza religiosa» o a quella del suo giornale; a «utilizzare le espressioni adatte per ogni comunità religiosa» per definirsi; o ancora a non «generalizzare a tutto il gruppo il comportamento di uno dei suoi membri». I diciassette si impegnano a diffonderlo a macchia d’olio. Il libanese Mohammad Al Arab ha presentato il codice anche all’Unione Africana araba dei media digitali. Parecchi articoli sono già stati ripresi nel regolamento interno di questo organismo e il suo comitato giuridico pensa di «adottarlo ufficialmente». Il giornale La Croix privilegia il dibattito sereno e profondo, tra cristiani e con quelli che non credono o credono diversamente.

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