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Icona decorativaIcona decorativa24 Settembre 2016 Silvano Zoccarato

Rania e l’identità di Charles de Foucauld

Il 17 settembre scorso, Claude Rault, vescovo del deserto dell’Algeria, ha celebrato il centenario della morte del Beato a Strasburgo, luogo della sua nascita. Tutto il discorso è sul filo di questa frase pronunciata da Rania, donna musulmana: «Era un uomo che aveva tutto e che lasciò tutto per avere ciò che non aveva». «Rania, giovane donna musulmana di 32 anni, è deceduta trasportata dalla corrente improvvisa di un oued a Tamanrasset. Da alcuni anni era stretta collaboratrice del Piccolo Fratello Antonio Chatelard, negli studi su Charles de Foucauld. Accompagnava i gruppi di turisti soprattutto a visitare il Bordj, dove è stato ucciso Charles de Foucauld. Era presente a Roma alla beatificazione e ha dato una lunga testimonianza che ci aiuta a capire il cammino di una musulmana sui passi di De Foucauld». Eccone alcuni stralci: «I visitatori, anche musulmani, mi chiedevano il perché del mio studio, lavoro, accompagnamento di fratel Charles. Mentre cercavo di capire, mi accorgevo che stavo cercando di capire me stessa. Lessi la sua ricerca nei momenti più difficili della sua vita e il suo sforzo per uscirne. C’è voluto del tempo. Non è stato facile. Avevo paura di perdere la mia identità e le mie radici. Mi sembrava di trovarmi in un crocevia di separazione. Al contrario lo vivo come un crocevia di incontro e di comunione. Attraverso lì, ho scoperto quanto c’è in me di ricco e di unico, senza aver perso la mia identità. Cammino sugli stessi passi di Fr Charles e trovo la forza di vivere il mio cammino senza paura». Mons. Claude Rault presenta invece il Beato Charles de Foucauld in questo modo: «Aveva tutto per riuscire nella bella carriera militare. Ma lascia la vita militare per indisciplina. Studia l’arabo e lo yddish e vive una spedizione in Marocco come un pellegrino ebreo. Scrive la sua esplorazione in Marocco e diventa celebre. Ma non è quello che cerca. Nei suoi viaggi scopre uomini che hanno la fede, musulmani che hanno fiducia in Dio, che pregano e hanno un senso della loro vita. Ne è scosso perché non ha la fede. Si trova in ginocchio nel confessionale di una chiesa di Parigi davanti a un prete, Huvelin, che non lo lascerà più. Pensa di avere ciò che non aveva, ma questo sarà solo al termine di una lunga ricerca. Comincia un interminabile viaggio spirituale, prima a Nazareth, poi in un monastero che però trova ricco. Eccolo ora in un altro monastero, fa i voti religiosi, gli studi teologici, è ordinato prete. Crede di aver trovato. Gli manca di raggiungere i più lontani, i più poveri, i più isolati. Nel 1901 è a Beni Abbes, monaco, cappellano dei militari, difensore accanito degli schiavi. Ma non basta. Bisogna andare più lontano. Eccolo a l’Hoggar nel 1905 a Tamanrasset, solo… in mezzo a un piccolo villaggio tuareg. Si stabilisce, vuole diventare uno di loro e ne studia la lingua. Prega, lavora duro, cerca l’ultimo posto. Durante una carestia dona tutto, attende la morte. Nel 1908 i suoi amici poveri lo guariscono portandogli il latte di capra. La sua vita cambia e capisce che deve lasciare agli altri la gioia di dare. Sono i poveri che lo salvano. Ora lascia la presa. Conosce la gioia dell’abbandono, essere se stesso, lavorare, pregare, vivere in mezzo a quel popolo, accogliere…. e soprattutto prepararsi a seguire il cammino del suo Beneamato Fratello e Signore Gesù. Viene ucciso il primo dicembre 1916 davanti al suo Bordj che non l’ha protetto, tradito da uno dei suoi vicini, come il suo Signore. Grano steso per terra che muore per portare frutto. Quello che non aveva ora gli viene dato: è la scoperta del volto di Gesù, il Beneamato Signore e Fratello che non  smise mai di cercare per esser finalmente con lui». È commovente pensare che una musulmana abbia saputo trovare il filo di una vita così straordinaria.  Cristianesimo e islam, se si ascoltano, possono capirsi bene.

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