Rendere missionarie le giovani Chiese
Il Pime si è sempre preoccupato di formare candidati italiani e di fondare la Chiesa nei territori nuovi che ha evangelizzato, escludendo di fondarvi l’Istituto e lavorare per la sua crescita. Negli ultimi 40-50 anni le condizioni delle giovani Chiese sono maturate; esse hanno più vocazioni che le Chiese d’antica cristianità e diventano a loro volta missionarie. Era il 31 agosto 1969 quando a Kampala (Uganda) Paolo VI gridò: «Voi africani siete ormai i missionari di voi stessi». Allora sembrava uno slogan azzardato ed invece era un’indicazione profetica: sono passati molti anni ed oggi nessuno più dubita, nella Chiesa, che l’iniziativa missionaria sta passando dalle antiche alle giovani Chiese. Meno di tutti ne dubita Giovanni Paolo II, che nella “Redemptoris Missio” (enciclica del 1990, nel XXV anniversario dell’“Ad Gentes”) ha insistito più volte sul dovere missionario delle giovani Chiese, fino a dire: “Siete voi oggi, la speranza di questa nostra Chiesa che ha duemila anni: essendo giovani nella fede, dovete essere come i primi cristiani ed irradiare entusiasmo e coraggio…” (R.M., 90).
Oggi gli istituti missionari vengono sempre più sollecitati ad aprire il loro carisma missionario alle giovani Chiese da essi fondate e di educare e inviare missionari membri di queste Chiese; le quali spesso non hanno personale sufficiente per le loro necessità pastorali di cura dei cristiani, ma si rendono conto, della verità di quanto ha detto Giovanni Paolo II nella “Redemptoris Missio” (n. 2): «La fede si rafforza donandola!» e mirano a rendere missionari i loro cristiani. Ecco perché hanno bisogno del carisma degli Istituti missionari. Il Pime è nato per fondare le nuove Chiese, ma anche per renderle missionarie. Tra le tante modalità con cui si potrebbe raggiungere questo scopo il Pime ha accettato anche questa: aggregarsi personale locale per educarlo e inviarlo altrove nella speranza che nel terzo millennio tutto il popolo di Dio diventi missionario.
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