Ricordando Martini
C’era un filo rosso che legava i ragionamenti del card. Carlo Maria Martini nella sua quiete di Gerusalemme: «I credenti non hanno bisogno di chi instilli loro una cattiva coscienza, hanno bisogno di essere aiutati ad avere una “coscienza sensibile”».
Ed è bello camminare insieme a chi ha una fede diversa. «Lasciati invitare a una preghiera con lui – suggerisce con mitezza Martini – portalo una volta a un tuo rito. Ciò non ti allontanerà dal cristianesimo, approfondirà al contrario il tuo essere cristiano. Non avere paura dell’estraneo».
Per il cardinale la grande sfida geopolitica contemporanea è lo scontro delle civiltà. Conoscono davvero i cristiani il pensiero e i pensieri dei musulmani – si chiede Martini – e come fare per capirsi?
Tre sono le indicazioni: abbattere i pregiudizi e l´immagine del nemico, perché i terroristi non possono davvero fondarsi sul Corano; studiare le differenze; infine, avvicinarsi nella pratica della giustizia, perché l´islam in ultima istanza è una religione figlia del cristianesimo così come il cristianesimo è figliato dal giudaismo.
La regola aurea del cristiano – Martini lo ribadisce in un suo scritto che assomiglia tanto a un testamento spirituale – è: «Ama il tuo prossimo come te stesso». Anzi, spiega con la precisione dello studioso della Bibbia, Gesù dice di più: «Ama il tuo prossimo perché è come te». Da lì sorge l´imperativo a praticare giustizia. È terribile, insiste Martini, invocare magari Dio nella costituzione europea, e poi non essere coerenti nella giustizia. E qui il cardinale di Santa Romana Chiesa tira fuori il Corano e legge la splendida sura seconda. «Non si è giusti, se ci si inchina per pregare a Oriente o a Occidente. Giusto è colui che crede in Allah e nell’Ultimo Giudizio. Giusto è colui che pieno di amore dona i suoi averi ai parenti, agli orfani, ai poveri e ai pellegrini. Chi fa l’elemosina e riscatta gli incarcerati. Costui è giusto e veramente timorato di Dio».
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