Risveglio?
Caro Gigi,
chissà se, dopo i numerosi tentativi di vedere se finalmente è arrivata una “scheggia” nuova, proverai ancora una volta a entrare nel blog “Schegge di Bengala” e troverai – con tua grande sorpresa – questa mia lettera per te? La sto preparando proprio perché mi hai chiesto: perché non scrivi più? Eccomi qua, e chissà se ci sarà un risveglio del sottoscritto, e una ripresa della produzione di schegge? Non lo so neppure io…
Anzitutto, voglio confermarti che la tua visita a Sotto il Monte, il 19 giugno scorso, insieme a tua moglie e a tuo cugino, ha riempito di gioia me, come pure i missionari “cinquantenni” con i quali mi ero trovato là per un appuntamento speciale. Ero stato invitato a organizzare tre giorni di preghiera, meditazione, condivisione per quattro missionari del PIME arrivati al “giubileo” della loro ordinazione sacerdotale: Carlo, Gianantonio e Quirico hanno vissuto la loro missione in Bangladesh, Alberto in Guinea Bissau. Per me, gli anni trascorsi dall’ordinazione sono ormai cinquanta quattro, e il giubileo è ormai alle spalle; per questo mi avevano coinvolto con il ruolo di “esperto” nella stagionatura del servizio presbiterale missionario…
Non ricordo esattamente le date, ma tu sei più o meno loro coetaneo, e la tua missione è stata nelle Filippine, da dove il dittatore Marcos ti cacciò poi come un pericoloso sovversivo. Vidi la tua sofferenza e in qualche modo ne fui partecipe. In seguito, ho avuto l’occasione di farti una lunga intervista, pubblicata da Mondo e Missione, in cui mi hai raccontato come avevi vissuto – insieme ad altri – il tuo impegno di prete in una vastissima parrocchia della grande Manila. Ne è nato un articolo di cui sono fiero ancora oggi. No, non eri un sovversivo, eri una persona che cercava con tenacia di essere – con intelligenza e coraggio – accanto a tante persone dimenticate, sfruttate, disprezzate.
L’espulsione dalle Filippine era stata per te un’esperienza lacerante, aggravata anche dall’incomprensione di qualcuno che affrettatamente attribuiva l’accaduto alle tue “imprudenze”, a ingenuità, a radicalismo giovanile: “Te la sei cercata, non potevi stare attento?”
Non conosco i singoli passaggi degli avvenimenti che ne sono seguiti. So che hai ancora “lavorato” con e per i Filippini anche fuori da quel Paese che amavi, approdando poi nelle Haway, dove hai dato tutto te stesso per il riscatto e per la formazione di giovani costretti ad affrontare tante difficoltà di diverso genere. Tu e tua moglie li avete accompagnati ad amare lo stare insieme, il seguire i ritmi della natura coltivando campi e orti, l’avere fiducia nella vita… L’impresa è cresciuta, e bene, ma recentemente tu l’hai lasciata per trasferirti negli Stati Uniti, da pensionato. Perché? Perché non hai voluto mettere radici nella “tua” opera, appropriartene. Sapersi ritirare al momento giusto è un’arte che pochi hanno.
Ci eravamo tenuti in contatto sporadicamente, e avevi pure commentato qualche mia “scheggia” che trovavi interessante. L’altro giorno, a Sotto il Monte, abbiamo avuto la gioia di vederci, tornare sul passato, farci risate cristalline, sentire che dopo tanto tempo sembrava di esserci lasciati soltanto ieri: il discorso riprendeva senza difficoltà ed era profonda l’emozione di sentirsi vicini nella fede, nell’impegno, nella serenità dell’età ormai avanzata – nonostante i percorsi differenti che abbiamo seguito. Differenti sì, ma con un’anima comune, con speranze e punti di riferimento condivisi.
Caro Gigi, non ti arrabbiare: iniziando non volevo scrivere di te, ma a te; poi le due cose si sono intrecciate e questo non mi dispiace perché anche la prossima scheggia, se ci sarà, possa essere capita da eventuali lettori.
Forse questa non è una “scheggia di Bengala”, ma certamente è una “scheggia di amicizia”.
Grazie Gigi, e un abbraccio!
P. Franco Cagnasso
Monza, 26 giugno 2023
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