Saluti
I ragazzini che affollano e animano i cortili della parrocchia di Mirpur, scatenandosi intorno ad un pezzo tanto entusiasmante quanto raro come il “calcetto da tavolo”, fiore all’occhiello del nostro parco giochi, provengono da vari ambienti, benestanti e poverissimi, da varie religioni, da vari gruppi etnici. Se in mezzo a un gruppetto vociante di loro passa un adulto – magari straniero – come salutarlo? In Bangladesh un saluto “universale” ci sarebbe: “adab”, ma è quasi caduto in disuso, e non tutti lo conoscono. I ragazzini cristiani “giocano in casa” e per loro un devoto “Jesu pronam” (onore a Gesù) risolve il problema. Per gli altri, la via più sicura è tacere. Alcuni sembrano addestrati a irrigidire il volto e guardare nel vuoto – meglio, guardarti con gli occhi vuoti – comunicandoti la gelida sensazione che tu non esista. E’ lo sguardo in cui si rifugiano le giovani donne, quando temono di essere fraintese se sorprese a salutare uno sconosciuto. Alcuni bambini buttano là un istintivo “assalamu aleikum” (“la pace sia con te” significa, ma quanti lo sanno?), a volte però con uno scrupolo a due facce: se lo sconosciuto che saluto non è musulmano, si offende? Oppure sono io che manco di rispetto alla mia religione salutandolo così?”. Un ragazzino m’ha chiesto il permesso: “Posso dirti assalamu aleikum?” “Nomoskar”, il saluto hindu, è abbastanza usato anche dai cristiani, per questo anche qualche musulmano lo tira fuori, in spirito di apertura interreligiosa; ma si usa con un certo impaccio… Per andare sul sicuro, meglio l’inglese: uno squillante “Good morning” non si nega a nessuno e non può turbare equilibri interreligiosi.
Però… per diversi pomeriggi sono passato accanto al calcetto da tavolo affollato di giocatori e aspiranti giocatori, salutato da un coretto di “good morning” cui rispondevo con l’aria di chi la sa lunga: “Si dice: good afternoon!”. Dai e dai, la lezioncina di inglese ha dato frutto. Ieri mattina passo davanti al calcetto e tutti insieme, sorridendo per la soddisfazione, mi fanno vedere che hanno capito: “Good afternoon, father!”
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