Stagioni
Ho 73 anni. Non me ne faccio un vanto, ma non posso nemmeno far finta di essere più giovane, solo per non umiliare quelli che sono nati dopo di me. Se, poveretti, sono arrivati tardi, non do loro alcuna colpa, anzi, li invito ad accettare serenamente gli inconvenienti della giovane età, consolandosi con il pensiero che la giovinezza è un problema che ho avuto anch’io, ma passa con il tempo, e tutto sommato passa abbastanza in fretta. Con questa convinzione in testa, ho deciso di partecipare ad un corso di “Formazione permanente” organizzato dal mio istituto a Hong Kong, dal 20 al 24 marzo, per tutti i missionari del PIME che operano in Asia. Il tema era: “Il cammino verso la stagione adulta della vita”. Un cammino che a buon diritto posso dire di aver compiuto già da un po’, ma poiché in tutti questi anni mi sono convinto di avere non un’ignoranza qualunque, ma un’ignoranza che si può (modestamente) qualificare come “enciclopedica” (cioè che si estende praticamente a tutti i settori dello scibile umano), ho pensato che posso ancora fare un passo avanti nella interessante scoperta di quante cose non conosco.
Queste ragioni sono vere; per onestà devo aggiungere che ce n’era anche un’altra, che mi ha spinto a prendere parte al corso: una gran voglia di vedere un po’ di amici missionari, vecchi e nuovi, che da anni non incontro, e di tirarmi fuori, per qualche giorno, dal caos frenetico di quell’inquinatissimo agglomerato di cemento, fracasso, immondizia, corvi ed esseri umani (e io fra loro), che prende il nome di “città di Dhaka”.
L’arrivo a Hong Kong, che pure conoscevo, è stato sconvolgente: una città dove si seguono le regole del traffico, non si suona il clacson a ritmo continuo, le strade sono pulite, e si trovano tante altre stranezze e assurdità, come fermarsi davanti a un semaforo se diventa rosso, non andare contro mano, preoccuparsi di precedenze…troppo lungo elencarle tutte. E’ pure una città che “toglie il fiato” con i suoi grattacieli vertiginosi, splendidi, ma anche con qualche parco tenuto come un gioiello, primo fra tutti il giardino del monastero femminile buddista, e con magnifici panorami sul mare. D’altra parte, non posso nascondere che è una città senza riscaldamento: nonostante la stagione, ho trovato un freddo inatteso, e ho preso il raffreddore – subito curato con un’orrenda ma efficace tisana. Cinese, com’era giusto.
L’obiettivo fondamentale che avevo è stato raggiunto: eravamo 55 (compreso il prof., un simpatico religioso Marista, arrivato dalla Nuova Zelanda per offrirci le lezioni fondamentali). Cinque venivamo dal Bangladesh, gli altri da India, Thailandia, Cambogia, Hong Kong, Cina, Filippine, Giappone, Papua Nuova Guinea. Rivedersi è stata una festa, ricca di emozioni, e di condivisioni interessanti che hanno fatto bene alla testa e al cuore. I luoghi d’origine? Stati Uniti, Brasile, Colombia, Guinea Bissau, Italia, India, Filippine… Una bella insalata intercontinentale!
Ma insomma, che cosa ho imparato? Ho ricevuto una conferma: ci sono tante cose che non so eppure sono interessanti, anzi molto interessanti, come quelle che ho sentito (psicologia con condimento di Vangelo e teologia) – e che ho prontamente dimenticato per non compromettere l’integrità della mia ignoranza. Ma è rimasto un pensiero, o forse più che un pensiero, un sentimento: invecchiando (dicono gli esperti), si può prendere la strada della di-sperazione: non c’è più gran che da sperare; o della gratitudine. Ed è proprio su questa che, con mia stessa sorpresa, mi ritrovo. Una gratitudine diffusa, per cui posso riandare a tantissime persone e storie della mia vita, oppure posso semplicemente soffermarmi a “sentire” una vita profonda e misteriosa che pulsa silenziosamente nel grande mistero dell’amore, che in mille modi riemerge dalle nostre follie ed è più tenace di loro.
BUONA PASQUA A TUTTI !
Articoli correlati
Mare Mosso
E’ trascorso un mese dal mio arrivo in Bangladesh. Sapevo che dallo scorso luglio la vita di questo grande paese con …
Dall’Iran all’Italia per arrivare alle Olimpiadi di Parigi
Nella squadra olimpica dei rifugiati, ci sono anche due giovani iraniani, Iman Mahdavi e Hadi Tiranvalipour, che in I…
Ritorno
Eccomi qui, di nuovo con una “scheggia” certamente inattesa: la precedente, numero 239, risale a più di un anno fa: n…