Stillicidio
Due anni fa successe a Ruma, nel sud. Sull’account Facebook di un giovane buddista si dice male dell’islam. La voce si sparge in un baleno: “offesa ai sentimenti religiosi! L’islam è in pericolo!” Migliaia di fanatici seminano il terrore bruciando case, profanando pagode e monasteri, picchiando e saccheggiando a man salva. Il colpevole scappa, poi – a giochi ormai fermi da tempo – si chiarisce che qualcuno era entrato nel suo account per mettere il testo incriminato e creare il caos. La scorsa settimana è toccata al nord, a Brahmanbaria. Stessa storia: sull’account di un giovane si trova la foto di una divinità hindu sovrapposta a quella della Kaaba, luogo sacro alla Mecca. Conseguenze: oltre 100 abitazioni e negozi di hindu bruciati, 17 templi profanati, gente picchiata, compresi alcuni musulmani intervenuti per difenderli. Nei giorni seguenti, altri episodi del genere, più ridotti. Ancora ieri (6 novembre), 10 templi hindu profanati in posti diversi. Il “colpevole”, un pescatore, dopo aver dichiarato che non c’entra per nulla, e che è dispiaciuto, rispettosamente facendo notare che non è così temerario da fare una cosa tanto rischiosa, è finito in carcere, forse il posto più sicuro per lui in questo momento. Fra gli assalitori sono stati notati attivisti e responsabili di vari partiti politici di solito acerrimi nemici, compresa l’Awami League (al potere), insieme a perdigiorno di villaggio, picchiatori di professione, e agli abitanti di un villaggio noto con il nome di “villaggio dei ladri”. Molti, forse la maggioranza, quelli provenienti da lontano, per azioni simultanee, quindi ben coordinate. Perché? Pare che i bersagli più numerosi siano stati poverissimi pescatori che gettano le reti in vaste aree alluvionali di proprietà governativa, su cui alcuni prepotenti, locali e non, hanno messo gli occhi e vogliono mettere le mani. Ma forse non è tutto così semplice, e c’è chi sta alacremente lavorando per sollevare polvere e creare confusione. L’importante è mettere paura, incertezza, e gli hindu – goccia a goccia – lasciano il posto, e anche il Paese.
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