Testimonianza e conversione sono vissuti insieme
Il tema di vivere un rapporto con la propria identità è frequente qui in Algeria tra cristiani, e non è un tema facile e tranquillo. Si rischia di toccare sensibilità differenti e imbattersi in espressioni che esigono di essere ben capite. C’è chi dice che non bisogna avere paura di annunciare, che si tratta di un dovere e di un diritto da difendere e c’è chi dice che è meglio attendere tempi migliori e che si può vivere l’annuncio con la testimonianza della vita. Si sa ben chiaro che in un paese in cui la religione ufficiale è l’Islam, la legislazione non permette nessun proselitismo, e l’agire di nuclei di religione diversa è ben regolamentato, anche all’interno della religione islamica. Questo non solo qui in Algeria, ma anche in altri paesi e non solo quelli islamici.
Perché il discorso non resti astratto, preferisco partire da piccole esperienze vissute.
1. Quando ero in Camerun e cioè fino al 2006, la religiosa che viveva a Salak (Nord Cameroun) mi raccontava: – C’è una vecchietta che viene ogni tanto a curarsi di una piaga alla gamba. Non sono infermiera. Le presento dell’acqua calda con del permanganato. Lei si lava, sente subito un beneficio e se ne va contenta. Ieri sera ha chiamato un ragazzo e gli ha detto: Non ho mai visto Dio. Sai cosa ho pensato? Penso che Dio deve avere la faccia della suora che mi vuol bene-.
2. Una religiosa che vive da anni qui in Algeria accoglie una ragazza che le dice: “Tu sai quanto ci vogliamo bene. Ora prendo il coraggio di dirti: Perché non dici anche tu la Shahada (la formula della fede dei mussulmani). Anche tu puoi andare in Paradiso, staremo insieme.” Ciò è capitato anche a me da parte di alcune vecchiette musulmane che mi volevano bene.
3. Una donna alla suora: “Dopo anni di amicizia ho pensato di farmi cristiana. Sai perché lo dico a te per prima? Perché non me lo hai mai chiesto”.
Questi fatti mi permettono di vedere il tema dell’annuncio e della conversione in fondo al cuore. Nella vita vissuta con una fede profonda e fattiva e quando i rapporti con la gente sono belli e veri, può scattare qualcosa che diventa annuncio di una novità, un’irruzione. E questo spontaneamente, naturalmente. Ma facciamoci, prima, delle domande?
Le religiose e la ragazza fanno proselitismo? Il proselitismo è voler conquistare alla propria causa. Ma la vera amicizia non si propone questo. L’amicizia è camminare insieme accettando le differenze, e crescere insieme. E’ una vera conversione non vissuta separatamente, ma insieme. E’ scambiarsi convinzioni profonde, in una testimonianza reciproca. In questo caso, la testimonianza alimenta le persone di valori vitali. Ma poi, per certe situazioni, la testimonianza non è sufficiente per un cammino impegnato.
Se rileggo quanto ho vissuto in Camerun, assistendo allo sviluppo delle comunità cristiane, l’inizio del cammino nasceva in mille modi: amicizie, occasioni delle feste, l’aiuto o l’esempio o la gioia di qualche o dei cristiani. Ma poi tutto questo necessitava un accompagnamento…e non tanto semplice.
In pochi termini parlerei di testimonianza, di annuncio, di accoglienza, di accompagnamento. Tutto si sviluppa dentro il “vento di Dio”. La conversione è di chi annuncia e di chi accoglie. Più che di cambiamento si può parlare di continuazione e sviluppo della tua fede che vivi come cristiano e come musulmano o altro.
E’ normale per un cristiano e per un musulmano che vivono la loro fede, trasmettere, irradiare, far sapere, spiegare quello che prorompe dal cuore. Vita, servizio, dono di se, gioia, parola, sono testimonianza, annuncio, accompagnamento.
Gli ambienti e i tempi, facili o difficili, possono determinare modi e tempi di espressione e di esternazione, ma mai annullarli. I più efficaci, per lasciare che la persona e lo Spirito di Dio facciano il loro lavoro e cammino secondo il loro ritmo, sono il rispetto, la discrezione, l’umiltà, la pazienza, e il sentimento di lasciarsi condurre da Dio.
Articoli correlati
Mare Mosso
E’ trascorso un mese dal mio arrivo in Bangladesh. Sapevo che dallo scorso luglio la vita di questo grande paese con …
Dall’Iran all’Italia per arrivare alle Olimpiadi di Parigi
Nella squadra olimpica dei rifugiati, ci sono anche due giovani iraniani, Iman Mahdavi e Hadi Tiranvalipour, che in I…
Ritorno
Eccomi qui, di nuovo con una “scheggia” certamente inattesa: la precedente, numero 239, risale a più di un anno fa: n…