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Viaggio – 2

Per fortuna ci siamo attrezzati con abiti invernali, perché il vento che soffia a Zirani nella serata del 26 gennaio entra allegramente nelle stanze, costruite pensando solo come evitare il caldo, e ci intirizzisce. Ogni anno il freddo invade il Bangladesh brevemente, ma fa soffrire milioni di persone non attrezzate ad affrontarlo, dà a partiti politici e benefattori l’occasione per distribuire coperte ai poveri, mentre commercianti improvvisati espongono lungo le strade mucchi di golf, maglie e indumenti che verranno usati per pochi giorni e poi lasciati in qualche angolo per undici mesi… Siamo alla prima tappa del viaggio Dhaka-Dinajpur, al Centro Gesù Lavoratore, nel cuore di un’ampia zona trasformatasi rapidamente da rurale ad industriale, a circa 40 chilometri da Dhaka, con fabbriche ed edifici grandi e piccoli costruiti in ordine sparso. Il Centro ha un cortile interno relativamente grande, usato per giochi, incontri, liturgie, e due edifici che ospitano la chiesa, la comunità delle suore del PIME e i due padri, un ostello per lavoratrici, e uno per lavoratori, un asilo nido, qualche ufficio, la cucina all’aperto che serve tutti. È stato progettato e realizzato per venire incontro alle esigenze di cui i nostri missionari – p. Baio, p. Gualzetti, p. Ballan – si rendevano conto mentre avviavano la nuova parrocchia urbana di Mirpur, cercando contatti ovunque si potessero avere, anche molto lontani dalla sede parrocchiale. Trovavano tanti immigrati cristiani isolati e smarriti, con possibilità praticamente nulle di frequentare comunità cristiane. A loro volta, i responsabili della scuola tecnica di Dinajpur, specialmente Fratel Massimo, vedevano l’urgenza di preparare i ragazzi, provenienti da zone rurali tradizionali, non solo ad essere buoni meccanici, carpentieri, elettricisti, ma ad entrare nella giungla suburbana, nel mondo del lavoro, per trovare un impiego e per vivere in modo dignitoso e sereno in quell’ambiente per loro del tutto sconosciuto. Pensa e ripensa, i missionari di Dhaka e di Dinajpur hanno unito le forze passando ai fatti. Trovare e comprare il posto adatto e disponibile non è stato facile, ma ce l’hanno fatta, e l’iniziativa è partita: con gli ostelli, dove i giovani possono rimanere per un certo tempo, mentre cercano lavoro e poi una abitazione adatta; e organizzando interventi pastorali e sociali adeguati. Si potrebbe dire che il Centro è come una parrocchia, ma disegnata sulle esigenze dei lavoratori, di cui le parrocchie tradizionali – rurali o urbane – non sono abituate a tener conto. L’adattamento più evidente è quello di svolgere la liturgia domenicale il venerdì, che in Bangladesh è il giorno di riposo settimanale, perché solo il venerdì le fabbriche concedono un giorno, o almeno qualche ora libera. Ma è importante anche stabilire rapporti di collaborazione con le parrocchie di origine, che sono legate agli usi tradizionali, specialmente per i matrimoni. I giovani che si trasferiscono lontano, per ragioni di lavoro ed economiche non possono seguire queste regole (incontri tra famiglie, visite, offerte di regali…),e per questo rinviano o si adattano a convivere, in attesa di poter celebrare secondo le regole… Le iniziali difficoltà ad intendersi con le parrocchie di origine, con pazienza si sono quasi superate; ora a Zirani si interviene con corsi prematrimoniali e celebrazioni che liberano i giovani da questi problemi. La presenza di un Centro “per loro”, attrae molti, non soltanto cristiani, specie appartenenti a gruppi etnici di minoranza, che trovano possibilità di aggregazione e di iniziative varie – dal torneo di calcio alle conferenze sulla giustizia sociale, dalla celebrazione di feste all’attenzione per gli ammalati… Insomma, un’iniziativa indovinata e, dopo iniziali perplessità e critiche, apprezzata. Ormai non sono pochi a dire che ce ne vorrebbe altre simili in altre zone. La mattina del 27, domenica, Gian Paolo e io celebriamo l’Eucaristia alle 5.30 e partiamo con il buio. È stagione di nebbie, e infatti oggi c’è nebbia, ma non troppo fitta, e si può viaggiare bene. Proseguiamo sulla strada che sale verso nord. Recentemente sono stati fatti lavori molto impegnativi per migliorare la viabilità in Bangladesh. Questa strada, che collega il resto del Paese con tutto il quadrante nord ovest, chiamato “Uttorbongo”, ha ora molti tratti larghi e scorrevoli; rimangono da completare gli attraversamenti dei centri abitati, e per questo un buon numero di sovrappassi sono ora in costruzione. Dopo pochi chilometri c’è lo svincolo di “Chondra”, con la direzione e parecchi stabilimenti della Walton, una ditta in rapida crescita. Proprietà di quattro fratelli bengalesi, produce materiale e macchinario elettrico, frigoriferi, televisori, motociclette e dicono che stia ora puntando anche sulle automobili. A Chondra prendiamo la direzione ovest, verso il fiume Brahmaputra. La zona ci è nota anche per un grande ostello con scuola gestito dagli “Avventisti del Settimo Giorno”, che ospita centinaia di studenti di varie provenienze cui offrono un buon servizio, ma con l’esplicito obiettivo di convertirli, anche allettandoli con facilitazioni, sconti e privilegi vari. (continua)

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